Nato a Praga nel 1883, Frank Kafka era figlio di un agiato commerciante ebreo, ebbe con il padre un rapporto piuttosto tormentato, documentato anche nella celeberrima Lettera al Padre (1919). Il fidanzamento con Felice Bauer, interrotto e poi ripreso, per poi essere sciolto definitivamente nel 1914, si interpolò all’amore con Milena Jesenska (1920-1922, Lettere a Milena) e a quello con Dora Dymant. Insieme a lei convisse dal 1923, trovando espressione di una stabilità sentimentale mai raggiunta. Contrario agli studi di giurisprudenza, si laureò comunque nel 1906 e trovò impiego in un’agenzia assicurativa, quindi in un istituto di assicurazioni per gli infortuni sul lavoro.
Praga, ai tempi di Kafka, era un vivace centro culturale in cui la presenza della comunità ebraica si faceva sentire particolarmente: lo scrittore strinse amicizia con Franz Werfel e Max Brod durante le sue partecipazioni alla vita intellettuale della città. Il 1913 fu il suo anno di esordio con un raccolta di brevi poesie, sia descrittive che narrative, dal titolo Meditazione; già nel 1907, però, aveva iniziato a costruire il romanzo Preparativi di nozze in campagna, del quale ci rimangono soltanto le pagine iniziali.
Nel 1916 pubblicò invece il suo racconto più celebre, La Metamorfosi, storia di un uomo che, risvegliatosi un mattino, si ritrova ad essere un enorme scarafaggio, costretto a subire ogni umiliante evento legato all sua nuova e degradante condizione. Sebbene nel 1920 mise mano ai manoscritti delle sue opere più importanti, decise di includere nel testamento la disposizione di distruggerli. L’amico Max Brod, tuttavia, ne curò l’edizione e la pubblicazione: un buon numero di racconti (La condanna, Nella colonia penale, Il medico di campagna, La costruzione della muraglia cinese) e tre romanzi (America, storia di un ragazzo inviato oltreoceano per espiare una colpa di ingenuo amore, Il processo, in cui un innocente è condannato a morte da un misterioso tribunale, ed Il castello, espressione di un potere insondabile e misterioso) sarebbero dovuti essere portati a termina da Kafka, che si ripromise di farlo.
Il filo rosso che conduce lungo l’attività letteraria di Kafka è quello doppio della colpa e della condanna. I suoi personaggi vengono puntualmente scossi dal giudizio incomprensibile di autorità tanto reali quanto assurde, almeno per l'”imputato”, per poi essere condannate, con la consapevolezza che una vita felice sarebbe stata possibile soltanto in una dimensione diversa ed estranea.
Mentre alcuni interpretano in chiave religiosa questo rapporto di insondabilità, considerandolo come espressione del dialogo asimmetrico tra uomo e Dio, altri ne scorgono la sincera denuncia dello stile di vita alienato tipico dell’uomo moderno, legato alla società mondana e industriale di stampo occidentale.
Senza troppi giri di analogie, la critica odierna tende ad analizzare più direttamente le parole di Kafka, connettendo il proprio stile ad episodi autobiografici e alla sua formazione letteraria, estremamente vicina al decadentismo (George), alla tradizione ebraica di scrittori come Martin Buber, o a forme artistiche come quello de teatro yiddish.
Attualmente, a prescindere dalle diverse luci sotto le quali è possibile vederlo, Franz Kafka costituisce un ponte reale tra il razionalismo occidentalizzante ed il misticismo ebraico. Malato di tubercolosi, si spense nella città natale il 3 giugno del 1924.