È difficile non pensare a Elena Ferrante quando si legge il romanzo di Starnone, e non solo perché Starnone è sposato con Anita Raja, la traduttrice che si dice abbia scritto sotto lo pseudonimo di Elena Ferrante.
Entrambi gli autori sondano brillantemente la complessità della società napoletana. In “Scherzetto”, Domenico Starnone c’entra l’analisi della psicologia inquietante di una mente creativa. L’autore disegna una mente che vuole tirare fuori qualcosa di bello dal caos della vita, ma può pagare a caro prezzo il suo desiderio di affermarsi.
Non “geniale”, ma bello
Devo confessare che mentre tenevo profondamente alle protagoniste della Ferrante nei suoi romanzi napoletani il protagonista di “Scherzetto” di Domenico Starnone, tale Daniele Mallarico, mi ha lasciato indifferente.
Elena e Lila della Ferrante sono spesso vittime di un brutale patriarcato che ignora i bisogni dei loro corpi e vanifica le aspirazioni delle loro anime. Mallarico soffre principalmente per il coinvolgimento di sé. Qual è in fondo il grande “dramma umano” che vive? La sua situazione è semplicemente quella di passare alcuni giorni difficili. Giorni in cui deve prendersi cura del nipote di 4 anni a Napoli mentre i genitori del ragazzo sono assenti per una conferenza accademica.
“Scherzetto” contiene alcuni passaggi risonanti sul caos delle dinamiche familiari, la sfida dell’invecchiamento e la difficoltà di lasciarsi alle spalle una città travolgente come Napoli.
Lo scherzetto non è riuscito a prendere me, ma può riuscire con altri
La storia di Scherzetto non va abbastanza oltre il conflitto interiore di Mallarico, i suoi dubbi sul suo lavoro di illustratore e la paura che la rabbia della sua infanzia non si dissiperà mai.
Anche un’appendice (molto stimolante) che include schizzi presumibilmente di Mallarico e riflessioni su “The Jolly Corner” di Henry James lascia i legami tra questa un po’ fiabesca storia di fantasmi e la vita di Mallarico troppo sciolti.
Uno dei passaggi più intensi del libro di Domenico Starnone, passaggio che condensa per me l’intera opera, è l’ammissione di Daniele Mallarico che suona così: “Questa mattina non so se ho paura per il bambino o paura del bambino”.
Il suo mondo è davvero spaventoso, dimora degli inquieti fantasmi del suo passato e delle inquiete emozioni degli adulti che ancora non hanno trovato se stessi.
Devi sentirti proprio un bambino bloccato con “baby sitter” come questi. Come dicevano gli antichi romani, Quis custodiet ipsos custodes?