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La campana di vetro, Sylvia Plath e il buio della vita

04/12/2019
Gianluca RicciobyGianluca Riccio
2 min read
Tags: depressioneromanzosuicidioSylvia Plath
La campana di vetro, Sylvia Plath e il buio della vita

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Questo è probabilmente il primo romanzo che mi abbia mai davvero affranto.

Sylvia Plath scrisse “The Bell Jar”, la Campana di vetro, con lo pseudonimo di Victoria Lucas. Aveva 31 anni. Era il 1963, la tematica era ancora molto delicata e forse Sylvia non ebbe il coraggio di esporsi, sebbene il romanzo non fosse totalmente autobiografico.

Il tema della Campana di Vetro di Sylvia Plath

Dopo un intenso tirocinio presso una rivista di New York, la brillante studentessa Esther lotta con la sua salute mentale mentre cerca di trovare la sua identità in una società che non la capisce.

Sforzandosi di trovare il suo posto in un periodo di tempo in cui i concetti di femminilità sono parecchio avversi, la ragazza finisce per cadere in una profonda depressione, mentre al contempo fa di tutto per riuscire a trovare la sua voce come scrittrice.

Quanto pesa il buio durante una scalata? Quanto può cambiarci dentro lo sconforto che ci coglie proprio nei momenti di maggiore fatica?

Bisogna affrontare l’oscurità della depressione, perfino lo spettro del suicidio, e la paura paralizzante che non sarai in grado di superare i tuoi successi creativi passati fa quasi mancare l’aria, e la Plath trasmette benissimo la sensazione.

Questo è un romanzo stupendo, ma ossessionante, di una incredibile autrice e artista che ha affrontato questi temi personalmente.

La trama infatti riecheggia una fase fondamentale della vita di Sylvia Plath: anche lei trascorse un periodo di tirocinio presso una rivista. Era un rotocalco femminile, Mademoiselle.

L’impatto della realtà che si schianta come un meteorite sulle nostre aspettative (anche quelle che abbiamo su noi stessi) porta via la nostra idea della vita, e il mondo che credevamo di rappresentare. Al suo posto una terra desolata, fatta di competizione e cinismo, cui non tutti si adattano.

Sylvia tentò il suicidio proprio in seguito a questa esperienza. Due volte importante la sua salvezza, perché ci ha regalato questo capolavoro.

Uno dei romanzi scritti meglio che io abbia mai avuto la fortuna di leggere, resta impresso nel cervello come un vero classico senza tempo.

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