La vista di un cavallo frustato era troppo per il filosofo Friedrich Nietzsche , che un giorno a Torino corse in lacrime e abbracciò la povera bestia prima di precipitare nella follia, o almeno così racconta la storia.
Questa immagine di un uomo spinto sull’orlo dalla crudeltà umana verso un animale avrebbe catturato l’attenzione di uno dei protagonisti più intriganti della recente narrativa italiana, lo scultore italiano Rembrandt Bugatti . “Questa vita tuttavia mi pesa molto” di Edgardo Franzosini è una biografia immaginaria di Bugatti, un artista rinomato per le sue sculture di animali in bronzo, fratello del famoso designer di automobili Ettore Bugatti .
Il Bugatti che non conoscete
Rembrandt Bugatti trascorse la maggior parte della sua breve vita in esilio autoimposto a Parigi e Anversa. Si suicidò nel 1916, all’età di 31 anni, dopo i traumi della prima guerra mondiale, anche se non vide combattere.
Avendo usato molti degli animali allo zoo di Anversa come “modelli”, fu devastato quando la carenza di rifornimenti e la paura delle bombe tedesche portarono al loro massacro da parte dell’esercito belga. La prosa di Edgardo Franzosini in “Questa vita tuttavia mi pesa molto” è limpida e tagliente come un laser. Il modo in cui il romanzo di Franzosini descrive la strage è quasi insopportabile: “Dalle gabbie uscivano grida, gemiti e ululati di agonia che soffocavano il tonfo ritmico dei passi dei soldati”. L’ascesa e la terrificante caduta umana e storica sono disegnati con la cruda determinazione di chi quel dolore non vuole solo raccontarlo, ma trasmetterlo.
Un atto di violenza cosmica mascherata da prudenza.
È difficile non amare l’eccentrica e fragile figura di Rembrandt Bugatti. Quasi impossibile non soffrire al suo fianco. Le sue sculture di animali, riprodotte nel romanzo, richiamano le figure umane minimaliste ed essenziali di un altro grandissimo artista, quell’Alberto Giacometti reso (quasi) eterno sulle banconote da 100 franchi svizzeri.
Ciascuno dei due a suo modo è riuscito a catturare l’essenza straziante dei suoi animali ritratti. Per Bugatti, solo l’Arte potrebbe portare alla luce il mondo che ha visto in un murale allo Zoo di Anversa, un luogo dove, come dice Franzosini, non c’è “nessuna gerarchia definita nella creazione, nessuna gerarchia in cui l’uomo occupa una posizione superiore alle altre creature.”