«Le donne, i cavallier, l’arme, gli amori,
le cortesie, l’audaci imprese io canto,
che furo al tempo che passaro i Mori
d’Africa il mare, e in Francia nocquer tanto,
seguendo l’ire e i giovenil furori
d’Agramante lor re, che si diè vanto
di vendicar la morte di Troiano
sopra re Carlo imperator romano»
Ludovico Ariosto nacque l’8 settembre 1474 a Reggio Emilia, dove il padre Niccolò era funzionario dei duchi d’Este e comandante della guarnigione della città. Quando il padre si stabilì a Ferrara il giovane Ludovico lo seguì e qui cominciò gli studi di diritto, poi abbandonati per dedicarsi alla propria formazione letteraria. Il poeta strinse anche amicizia con Pietro Bembo che influenzò la produzione dell’ Ariosto indirizzandolo verso la poesia volgare. Inoltre, la formazione umanistica degli anni giovanili del poeta fu fondamentale per la composizione delle 67 liriche a cui Ariosto affiancò poi le rime volgari, pubblicate postume nel 1546.
In seguito alla morte del padre, il poeta dovette occuparsi del patrimonio familiare e della tutela dei fratelli minori, per cui decise di accettare incarichi ufficiali da parte degli Estensi: nel 1503 passò al servizio del cardinale Ippolito, assolvendo doveri e incombenze di cui si lamenta spesso nelle Satire. Tra il 1509 e il 1510 si recò più volte a Roma in qualità di ambasciatore e nel frattempo intrattenne anche legami con il cardinale Giovanni de’ Medici, sperando di ottenere incarichi maggiori nel caso della restaurazione del potere mediceo. Tuttavia, quando Giovanni de’ Medici divenne papa Leone X, il poeta vide deluse le proprie aspettative e rimase a Ferrara.
Nel 1516 Ariosto dedicò la prima edizione dell’Orlando Furioso al cardinale Ippolito e nel 1517 passò al servizio del duca Alfonso. Dopo aver ricevuto nel 1522 l’amministrazione della Garfagnana, il poeta tornò a Ferrara e riprese ad occuparsi di teatro scrivendo varie commedie: alle due precedentemente scritte, La Cassaria (1508) e I Suppositi (1509), aggiunse Il Negromante, già inviata a Leone X nel 1520 e rielaborata in seguito nel 1529, e La Lena (1528). Infatti, ad Ariosto spettava anche l’allestimento di spettacoli teatrali e proprio al poeta si deve attribuire l’inaugurazione della commedia cinquecentesca: dall’utilizzo di traduzioni e adattamenti di commedie latine si passò all’elaborazione di testi originali in volgare. Le tematiche principali di questi scritti sono varie: dagli equivoci e dagli scambi di persona dei Suppositi, alla satira della magia e delle credenze irrazionali del Negromante, all’interesse economico della Lena.
Tra il 1517 e il 1525 Ariosto si dedicò alla composizione di sette satire in forma di lettere destinate ad amici e parenti; anche per la stesura di questi testi il poeta si basò su modelli classici, ossia sulla satira dialogica di Orazio. In questi componimenti Ariosto cercò soprattutto di descrivere, ad esempio, la condizione dell’intellettuale cortigiano e l’aspirazione ad una vita quieta in cui potersi dedicare agli studi.
Benché Ariosto avesse cominciato la stesura dell’Orlando Furioso nel 1505, la prima redazione in 40 canti uscì a Ferrara nel 1516, le seconda nel 1521 e la terza nel 1532; in particolare, l’ultima redazione fu sottoposta ad una revisione linguistica secondo i canoni classicistici fissati da Bembo. Caratteristiche del poema ariostesco sono soprattutto l’abile fusione della materia carolingia e di quella arturiana, per cui, accanto a personaggi come Carlo Magno ed Orlando, compaiono motivi amorosi e fiabeschi. Nell’Orlando Furioso, che costituisce la continuazione dell’Orlando Innamorato del Boiardo, ritorna la riflessione sul reale già anticipata nelle Satire: nel poema, infatti, il caos della realtà è rappresentato metaforicamente dalla selva in cui si perdono i personaggi. Tuttavia, teorizzando il principio dell’unità nella molteplicità, Ariosto sottolinea la necessità di dare un ordine al disordine del reale; per questo motivo i principali filoni narrativi del Furioso hanno una conclusione e alla struttura aperta del romanzo cavalleresco subentra quella chiusa del romanzo epico.
Ariosto morì nel 1533 in seguito a complicazioni polmonari: gli ultimi anni della sua vita trascorsero nella serenità dell’ambiente della contrada Mirasole in cui viveva, dedicandosi a revisionare e ampliare continuamente l’Orlando Furioso. È evidente come il poeta della corte ferrarese rappresenti il tipico intellettuale cortigiano pienamente inserito nel mondo a cui appartiene; tuttavia, allo stesso tempo, emerge chiara la polemica nei confronti della corte stessa. L’ambivalenza di questo atteggiamento è infatti ben presente negli scritti ariosteschi, opere in cui il mondo cavalleresco e cortigiano non è più celebrato come nell’opera di Boiardo, ma è presentato come mondo remoto e colto nel suo inarrestabile declino.