Signori e cavallier che ve adunati
Per odir cose dilettose e nove,
Stati attenti e quïeti, ed ascoltati
La bella istoria che ‘l mio canto muove;
E vedereti i gesti smisurati,
L’alta fatica e le mirabil prove
Che fece il franco Orlando per amore
Nel tempo del re Carlo imperatore
Comincia così l’Orlando Innamorato, il poema che ha consacrato Matteo Maria Boiardo, nato nel 1441 nel castello di Scandiano e da sempre legato alla corte degli Estensi.
Composto in ottave, secondo lo schema ABABABCC, è diviso in tre libri, ciascuno composto da canti. Opera incompiuta, interrotta bruscamente al canto IX del terzo libro – pochi mesi prima della morte dell’autore – l‘Orlando innamorato viene stampato nel 1495, per la prima volta completo dei tre libri (in tutto sessantanove canti).
Il Boiardo realizza con il suo capolavoro una riuscitissima fusione tra i caratteri dell’epica carolingia, al cui interno si narravano le gesta dei paladini cristiani di Francia, e quelli del ciclo bretone, con le imprese militari intrecciate ad una tematica amorosa e magica. E quest’ultima caratteristica, tipica dei romanzi arturiani, è ben presente nel poema di Orlando: qui l’intreccio tra “armi” e “amore” raggiunge infatti la sua massima intensità.
Il Boiardo costruisce l’opera con l’intento di dilettare gli ascoltatori, dilettandosi nel puro e semplice gusto della narrazione. I singoli canti appaiono, infatti, proprio come momenti di un discorso recitato, concepito per essere indirizzato al pubblico che assiste: nell’Orlando innamorato è sempre forte la ricerca di un rappporto vivo con gli ascoltatori, tradizione tipica dei cantari.
Motore delle vicende è quasi sempre Amore, spirito vitale che muove l’universo e che suscita gioia, che divide e unisce i tanti protagonisti che si affacciano sulla scena del poema. Quanto mai complicata risulta la trama, che parte dall’epicentro di Parigi, per poi allontanarsi progressivamente e infine ritornarvi. Sullo sfondo epico-storico delle cruenti battaglie tra cristiani e musulmani, si stagliano le vicende private di Orlando, suo cugino Ranaldo e Angelica – che danno vita ad un triangolo avvincente, condito da elementi magici e irreali – nonchè di Rugiero e Bradamante, dal cui matrimonio avrà origine la stirpe degli Estensi. Molti personaggi sono ripresi direttamente dai cantari, ma non mancano figure nuove: su tutte troneggia quella di Angelica, simbolo della bellezza femminile inafferrabile e irrazionale. Sarebbe stata una delle donne più celebri della letteratura italiana, in illustre compagnia con la Beatrice di Dante e la Laura di Petrarca.
Il poema del Boiardo, cortigiano e cavalleresco, si affida alla vitalità della narrazione, che erompe dalla pagina tumultuosa e – come abbiam detto – si rivolge all’uditorio adunato attorno al poeta. Occupa un posto particolare all’interno della letteratura di questo affascinante periodo storico: lontano da intenzioni ideologiche, privo di artificiosità e di preziosismi, l’Orlando innamorato si riallaccia alla tradizione medievale, vivendo però di un immaginario tutto cortese; l’opera sembra strizzare l’occhio all’Umanesimo – soprattutto quello nella sua versione più laica e mondana – senza tuttavia condividerne i complessi sistemi ideologici.
Ed è forse proprio per questo che il poema non conobbe per molto tempo il successo che avrebbe meritato. Successo che ebbe invece il poema cavalleresco, pubblicato nel 1532, concepito come continuazione di quello del Boiardo: l’Orlando Furioso di Ludovico Ariosto.