Si sta come
d‘autunno
sugli alberi
le foglie
È il luglio del 1918. Giuseppe Ungaretti, uno dei più grandi poeti del XX secolo, veste i panni del soldato: è in trincea, impegnato a combattere nella Grande Guerra. Nella primavera di quell’anno il reggimento nel quale Ungaretti era arruolato andò a combattere in Francia, Paese nel quale il poeta-soldato sarebbe rimasto anche al termine della Grande Guerra. Nel bosco di Courton scrisse questi quattro versi che hanno fatto il giro del mondo.
Metricamente sono quattro versi liberi che, uniti a due a due, formano due settenari. Il componimento fa parte de L’Allegria (e precisamente nella sezione Girovago), la raccolta forse più celebre di Ungaretti; e il suo titolo riveste un ruolo di fondamentale importanza ai fini della comprensione: Soldati. Originariamente era Militari, già comunque parte integrante del testo.
La Guerra nel Carso è spesso fonte di ispirazione per il poeta, il quale scrive diverse poesie in trincea. Questa è certamente la più famosa: Si sta come/d’autunno/sugli alberi/le foglie racconta la condizione dei soldati, paragonati alle foglie d’albero in autunno. Basta un colpo di vento a spazzarle via, così come un proiettile vagante – in qualsiasi momento e da qualunque arma – può far morire i soldati.
Con poche parole, ma con estrema chiarezza e incisività, Giuseppe Ungaretti esplicita quel senso di incertezza e precarietà che caratterizza la vita dei soldati al fronte. Brevità dei versi e assenza di punteggiatura (caratteristica, quest’ultima, di quasi tutte le liriche de L’Allegria) consentono al poeta di acquisire piena consapevolezza di ciò che sente, consentendogli inoltre di trasferire un sentimento intatto e puro al lettore. Gli stessi enjambements risultano funzionali in tal senso.
L’analogia tra la vita umana e le foglie non è nuova nel repertorio poetico (già Omero e Virgilio l’avevano affrontata), ma qui si carica di un senso ancor più tragico, e certamente più attuale: la Grande Guerra ha mostrato al mondo la parte più bruta dell’uomo, e questa poesia costituisce una sublime testimonianza di una condizione di fragilità (estendibile non solo ai soldati, ma a tutto il genere umano) che non muterà mai.