Tra gli scrittori di lingua tedesca, l’austriaco Thomas Bernhard occupa una posizione di prestigio nonostante la sua opera sia stata oggetto di approfondimento e comprensione solo dopo la sua morte, avvenuta nel 1989.
Figlio naturale di un falegname austriaco, la sua infanzia con la giovane madre ed i nonni materni fu caratterizzata da un vivo interesse per la musica e l’arte anche grazie al nonno Johannes Freumbichler, scrittore, che lo avviò a soli 5 anni allo studio della musica ed alla scrittura. L’estrazione della sua famiglia, per lo più modesta ed i continui spostamenti tra Vienna ed una piccola cittadina nei pressi di Salisburgo, forgiarono il carattere del futuro scrittore ed artista che mostrava però segni di profonda malinconia ed una grande sensibilità filosofica ai temi dell’esistenza e della morte.
Bernhard trascorse gli anni dell’adolescenza in piena epoca nazista e “subì” la formazione presso il convitto nazionale di Salisburgo tra il 1941 ed il 1943, anni in cui l’ascesa del nazionalsocialismo era al suo massimo apice. In quel periodo le sue frequenti malattie polmonari lo portarono al ricovero presso il sanatorio di Grafenof dove gli fu diagnosticata una grave pleurite. La sua malattia, come scrisse nel romanzo autobiografico “Il freddo” ambientato proprio in quegli anni, era non solo uno svilimento fisico ma “una malattia dell’anima”. La sua unica consolazione fu l’aver conosciuto la donna che in qualche modo si occuperà di lui per il resto della vita garantendogli la possibilità di sviluppare la sua arte: Edwige Hofbauer Stavianicek.
La signora Stavianicek aveva circa 53 anni e Thomas solo 19 ma tra i due si instaurò da subito un rapporto di platonica comprensione ed affiatamento. A metà fra una tutrice ed una mecenate, grazie a questa donna il futuro scrittore poté rinfrancarsi dal dolore della Guerra e dalla follia del nazismo.
Parallelamente a questa ritrovata, seppure momentanea, serenità, intorno agli anni “50 intraprese le prime esperienze in campo giornalistico scrivendo racconti e brevi saggi aventi per soggetto la cultura austriaca, la critica ad opere musicali ma soprattutto tratteggiavano negativamente l’intera società, rea a suo dire di essere caduta nell’oblio e di aver perso la sua capacità critica ed artistica. L’arte e la musica ,come si diceva ,sono state l’imprinting della sua formazione e la frequentazione ai circoli musicali di Salisburgo hanno consentito a Bernhard di sviluppare le sue doti di drammaturgo.
A partire dal 1957 infatti si dedicò al ciclo dell’ars moriendi scrivendo le due opere “In hora mortis” e “Auf der Herde”. Successivamente approfondì le sue riflessioni sulla sofferenza e l’ansia degli artisti nel filone dei romanzi ambientati fra l’Austria e la Germania aventi come protagonisti per lo più giovani studenti di accademie musicali. Tra questi romanzi, molto apprezzati all’estero ma quasi disprezzati nel paese natale, si ricordano “Il soccombente” del 1985, ” l’imitatore di voci” (1987), “Perturbamento” (1981).
Il monologo è quasi sempre la forma prediletta del racconto. Spesso il protagonista è anche io narrante delle vicende degli altri personaggi. La scrittura è talentuosa e ricca di riferimenti al romanticismo tedesco; non a caso i suoi maggiori ispiratori furono Novalis, Goethe, Kant.
Nel “Soccombente” la storia di un musicista in competizione con i suoi vecchi compagni di accademia ricorda la vicenda di Mozart e Salieri, della cui competizione scrittori e psicologi hanno tratteggiato svariate opinioni. Questi alcuni passi del libro:
“Nel 1953 Glenn Gould ha annientato Wertheimer, pensai.Nel 1954 di lui non sapremmo più nulla , nel 1955 ha suonato le Variazioni Goldberg nel Teatro del Festival, Wertheimer ed io lo sentimmo dalla soffitta del teatro assieme a parecchi scenotecnici, che pur non avendo mai sentito un concerto per pianoforte sono rimasti entusiasti di Glenn Gould e del suo modo di suonare. Glenn, che ogni volta era tutto un sudore…l’americano canadese che senza alcun imbarazzo ha chiamato Wertheimer il soccombente, Glenn, che nell’Osteria Ganshof ha riso in un modo come non ho mai sentito ridere nessuno” (Cit.pp 172).
Di ispirazione propriamente autobiografica sono invece i romanzi pubblicati quando era ancora in vita e quelli postumi: “L’origine” del 1982, “La cantina” del 1984, “Il respiro” (1989),”Il freddo” (1991), “Un bambino” (1994).
Dopo la scomparsa di Edwige Hofbauer Stavianicek nel 1884, lo scrittore si ritirò a vita privata rifuggendo interviste e la notorietà conquistata in patria e fu proprio nella sua casa di Ohlsdorf, oggi un museo, che morì il 12 Febbraio del 1989-
La sua lezione è ancora oggi quella di un maestro della ricerca della vera essenza del pensiero e del difficile compito di ricostruire le proprie origini e mi piace concludere questa breve panoramica critica con un estratto da “Il freddo” che è quasi un testamento del suo pensiero:
“Seduto sul ceppo mi interrogavo sulle mie origini e mi chiedevo in generale se dovessi interessarmi alla mia provenienza, se dovessi arrischiarmi o meno a togliere il coperchio, se avrei avuto o meno la sfrontatezza di scrutarmi da cima a fondo”