Drammaturgo statunitense, nonché autore impegnato politicamente, maturò una peculiare visione tragica della vita, più nello specifico del rapporto tra la sfera sociale e quella privata, tra moralità dell’individuo e legge, tra innocenza e colpa.
Arthur Miller riuscì ad imporsi al pubblico grazie al suo romanzo Focus (1945) incentrato sul tema dell’antisemitismo; mentre Erano tutti miei figli (All my sons) fu pubblicato due anni dopo. Quest’ultimo era un dramma incentrato quasi completamente sul rapporto conflittuale tra padre e figlio, inteso come un perpetuo “processo” all’intera famiglia e presente anche nella poetica successiva dell’autore, tanto da caratterizzarne fortemente l’impronta della prima fase teatrale.
Nel 1949 diede vita a Morte di un commesso viaggiatore (Death of salesman), in cui il protagonista, un certo Willy Loman, pone fine attraverso la propria morte allo stereotipo del “sogno americano”. A seguire fu messo in scena Il crogiolo (The crucible) il quale, rievocando il pesante clima di caccia alle streghe di Salem del XVII secolo, riuscì a trasportare tra le quinte del palcoscenico l’immensa carica negativa ricca di sospetti, dubbi e insidie tipiche di quell’epoca superstiziosa e contraddittoria, eppure affascinante sotto alcuni aspetti: il tema era specchio perfetto della “caccia” anticomunista messa su da McCarthy nel dopoguerra.
Si giunse così al culmine di questa fase “socialmente impegnata” del teatro di Miller con Uno sguardo dal ponte (A view from the bridge, 1955), l’opera era intrisa di motivi naturalistici mutuati ora da Ibsen, ora da O’Neill: anche in quest’opera, come in Morte di un commesso viaggiatore, l’apice del destino del protagonista può essere toccato soltanto attraverso la sua morte, sopraggiunta in seguito ad un’esistenza priva di capacità espressiva attraverso il consueto mezzo rappresentato dalla parola.
Nel 1956 scrisse la sceneggiatura per il film Gli spostati (The misfits, 1961, diretto da J.Huston) interpretato dall’allora moglie Marilyn Monroe, la quale continuerà a far parte della sua vita grazie all’opera Dopo la caduta (After the fall ,1964) in cui è possibile leggere il senso di colpa dell’autore nei confronti del suicidio dell’attrice successivo al divorzio. Questo tema, legato alla responsabilità umana ed al peso che da essa può derivare, lo ritroviamo in una valenza completamente differente all’interno di Incidente a Vichy (Incident at Vichy, 1964), Il prezzo (The price, 1968) e “biblicamente” riproposto in La creazione del mondo e altri affari (The creation of the world and other business, 1973).
Anche se fu sempre fedele al racconto di storie umane particolarmente significative (una su tutte Suonando per guadagnare tempo, Playing for time, 1981), Miller non seppe mai rinunciare alla descrizione della società umana sotto una lente piuttosto critica, e lo vediamo in quello che egli stesso definì un “murale”, L’orologio americano (The American clock), all’interno del quale è possibile scorgere uno spaccato della società statunitense durante la grande depressione.
Sempre attento a focalizzarsi sull’analisi psicologica dell’uomo come individuo e sui suoi conflitti interni rispetto alla sfera sociale, rimase fedele allo stile del melodramma familiare di impronta fortemente realistica, pur conservando una peculiare carica stilistica.
Degni di menzione sono almeno l’autobiografia Svolte (Timebends, 1987) e La discesa da Mount Morgan (Ride down Mount Morgan, 1990) sul tema dell’infedeltà coniugale e sulla bigamia.
Nota tanto romantica quanto mesta: Miller è morto il 10 febbraio 2005 nel ranch di Roxbury (Connecticut), la proprietà era stata acquistata da Marilyn Monroe ai tempi del loro matrimonio, e gli fu regalata all’epoca del divorzio per convincere l’autore a non separarsi da lei; in qualche modo il desiderio della Monroe sembra essersi avverato.