Se è vero, come cantava Dalla, che nel centro di Bologna non si perde neanche un bambino, è pur vero che alla Fiera del Libro per Ragazzi di Bologna ci si perde con estrema facilità – vuoi per il materiale un po’ così, vuoi per il tornado di stand-eventi-premi-esposizioni-workshop-presentazioni-eccetera. Partiamo dal presupposto che quella di Bologna è la prima del settore AL MONDO – infatti gli italiani occupano solo una piccola parte del totale espositivo, i panel sono tradotti in simultanea dall’inglese all’italiano o viceversa, la lingua in cui sbatterete più di frequente probabilmente facendo le code sarà il giapponese. Ci si sente gettati in un Luna Park di carta, in cui lo zucchero filato è sostituito dai panini dell’Autogrill. Ecco perché bisogna concentrarsi su pochi punti e focalizzarli senza farsi distrarre. Ne ho scelti tre, sufficientemente ampi e problematici. Sono spunti e annotazioni a margine, senza alcuna velleità di completezza o di genialità: anzi, più direte la vostra e più sarà una gioia!
1. LIBRI
Che domande, ce ne sono una marea. Personalmente amo gli illustrati, soprattutto quelli che giocano con il pensiero laterale o comunque spingono a ragionare in modo “doppio”.
Meraviglioso Notturno – Ricettario di sogni di Isol (Logos), che non per niente ha portato a casa il Premio Astrid Lindgren: un grande “calendario” da comodino con stampato su ogni foglio un sogno differente, la notte però una seconda immagine stampata in inchiostro fluorescente brilla a concludere la storia. Divertentissimo Come funziona la maestra, di Susanna Mattiangeli e Chiara Carrer (Il Castoro): sdrammatizzare la scuola con istruzioni coloratissime. Premio colore ai terribili (?) invasori di librerie Mostràz, di Chiara e Francesca Cavallaro (Camelozampa). Struggente e speciale L’eco, di Alessandro Riccioni e David Pintor (Lapis): a chiedere forte forte, le cose talvolta possono avverarsi.
2. GLI AUTORI
Ho partecipato con passione – e con una certa invidia – alla presentazione ufficiale della neonata ICWA, associazione che l’esuberante presidentessa Manuela Salvi ha proposto di scandire alla giapponese “i-ci-uà”. Trattasi del primo caso (per l’Italia) di un’associazione di autori, nella fattispecie di titoli per ragazzi. Contrariamente a quel che si crede, dunque, lo scrittore medio italiano non vive solitario come una sarta incazzusa, ma è anche lui animale sociale e lo rivendica a gran voce. Anzi, proprio come un sol uomo ambisce a conquistare il mercato estero: se è vero che i numeri parlano (grazie Saverio Simonelli!) di un trend molto favorevole di diritti di titoli italiani ceduti fuori dai nostri confini (482 libri nel 2001, ben 1872 nel 2011), è pur vero, come ricorda la Salvi trasferitasi a Londra, che la letteratura per l’infanzia e per ragazzi italiana non gode, per usare un eufemismo, dei fasti di un tempo. Se da un lato è stato uhm, divertente? (dipende dai punti di vista), scoprire come l’ICWA misuri il tempo in mesi e il suo corrispettivo svedese, incontrato proprio in occasione di Bologna, in centuries (e en passant che il governo svedese contribuisca al suo sostentamento, illuminandoci improvvisamente la situazione), dall’altro un tema forte emerso è stata la necessità di tradurre la produzione migliore in inglese per proporla agli editori stranieri. Ma così facendo si favoriscono gli editori, ha borbottato una frangia interna: paghiamo noi (le traduzioni), incassano loro (i profitti). Ma l’alternativa è non far nulla, cioè gambizzarsi da soli pur di non dar soddisfazione al nemico. Voi da che parte state?
3. DIGITALE
Ecco, è un tema che mi sta molto a cuore anche per motivi lavorativi. Il Digital Cafè al mercoledì pomeriggio snocciolava una serie di incontri sulla carta interessanti: alle 14 un incontro con Linus Feldt, CEO di Filimundus (app maker), insieme alla collega Lena Kåreland, dell’Università di Uppsala; alle 14.45 la presentazione di un’app su La Gatta Cenerentola, di Fairitaly; alle 15.15 Cosa è un portfolio nell’era digitale?, con Anna Castagnoli di LeFigureDeiLibri.com e Paolo Canton di TopiPittori. Vi giuro che con queste orecchie ho sentito domandare, in chiusura del primo incontro, se la carta morirà sostituita dal digitale – e ho sentito anche le risposte. Vi giuro che con questi occhi ho visto l’app elegante e un po’ algida, descritta con minuzia, apparire come una specie di AMILLECEN’ÈÈÈÈ 2.0. Vi giuro che, ancora con questi occhi (e può testimoniarlo @Valukkia), ho contato sette mani alzate alla domanda della Castagnoli alla sala “quanti di voi conoscono Pinterest”, descritto peraltro come “un social network per gli appassionati di immagini”.
Ogni volta che vivo queste situazioni mi scorrono davanti le parole di John Pierce, musicologo autore di un testo fondamentale come La scienza del suono. Diceva che il computer è per noi “come un magnifico Steinway Gran Coda in mano ai Neanderthaliani. Essi capiscono che ne potranno uscire suoni maestosi, ma non sanno come”. Ecco. Ci aveva visto giusto, vero? Solo che era il 1983.
Ora scusatemi, devo uscire a procacciarmi il cibo. Non vorrei che si facesse buio e una tigre dai denti a sciabola mi ghermisse.