La recente scomparsa di Luciano Rispoli, uomo di garbo la cui personalità e carriera stridono con il profluvio di trasmissioni urlate o vuote che affliggono i palinsesti, divenuti spesso mappe della desertificazione culturale odierna, offre lo spunto non solo per rievocare un certo modo di fare tv, ma anche per ripensare il rapporto tra media, cultura e scuola: basti pensare a come venga massacrata quotidianamente la lingua italiana nei talk show, nei reality, nei talent e perfino nei telegiornali (nella frase precedente non a caso sono state utilizzate parole inglesi: l’esterofilia poi si accompagna di frequente a svarioni e strafalcioni; lo studio delle lingue classiche e della letteratura sembra debba difendere continuamente i propri ambiti e perfino gli spazi vitali, ma de hoc satis): non è più il tempo di trasmissioni pionieristiche come Non è mai troppo tardi dell’indimenticato Alberto Manzi e neanche di chiaro intento didattico-pedagogico, anche se la televisione insieme alle guerre (sì, ricordiamolo in questo primo centenario della Grande Guerra) e alla scuola ha unificato anche linguisticamente il nostro paese, ma di creare circoli virtuosi perché arte letteratura musica teatro e l’attenzione verso la lingua italiana nutrano l’offerta dei media, le programmazioni scolastiche e la ricerca universitaria in uno scambio proficuo e fecondo.
Abbiamo chiesto un contributo in tal senso al professor Giuseppe Patota, professore ordinario di Linguistica italiana, Accademico corrispondente della Crusca, socio corrispondente dell’Accademia dell’Arcadia, socio dell’ASLI (Associazione per la Storia della Lingua Italiana), socio della SILBA (Société Internationale Leon Battista Alberti), membro della giuria del “Premio Strega” e membro del Gruppo di lavoro consultivo per la promozione della cultura e della lingua italiana nel mondo, membro e presidente della giuria delle Olimpiadi di italiano organizzate dal MIUR, consulente linguistico di Rai Scuola per la realizzazione di programmi finalizzati all’insegnamento dell’italiano a stranieri: a parte la competenza del professore, forse non tutti ricordano che proprio il professor Patota si è occupato, con il rigore e la simpatia insieme che lo contraddistinguono, della selezione dei concorrenti che aspiravano a partecipare alle fortunate trasmissioni di Luciano Rispoli Parola mia e Campionato della lingua italiana, incentrate proprio sulla lingua e la letteratura italiana. Sfide a colpi di etimologie, letture da Pirandello e Pascoli cui prestavano la voce attori come Nando Gazzolo… oggi quale direttore di rete le riproporrebbe, schiavo della dittatura dello share, dei format scatole vuote, di quello che vuole la ggente?
Ecco la riflessione del professor Patota.
“Nel 1958 – dunque a quindici anni dal crollo del regime fascista, tredici dalla fine della Seconda guerra mondiale, dieci dall’entrata in vigore della Costituzione – la scuola italiana non aveva ancora conosciuto un rinnovamento e un arricchimento paragonabili a quelli che avevano già investito la politica, l’economia e la società, né nell’organizzazione e nei programmi in generale né nell’insegnamento linguistico in particolare.
Quel rinnovamento e quell’arricchimento furono favoriti, in séguito, da una grande novità: l’arrivo della scuola in televisione e, specularmente, l’arrivo della televisione nella scuola. Nel merito, il primo esperimento ebbe inizio il 25 novembre di quell’anno con i corsi di Telescuola, un programma realizzato dalla Rai con il sostegno del Ministero della Pubblica Istruzione, con il quale s’intendeva consentire il completamento del ciclo d’istruzione obbligatoria ai ragazzi residenti in località prive di scuole secondarie. Tra i conduttori vi era Luciano Rispoli, futuro direttore del Dipartimento Scuola Educazione della Rai e futuro ideatore, autore e conduttore del programma televisivo di maggiore successo che la televisione abbia mai dedicato alla lingua italiana: Parola mia.
Parola mia debutta su Rai1 in diretta dagli studi del Centro di produzione Rai di Torino nel 1979. È composto da tre rubriche: Conoscere l’italiano, Usare l’italiano, Amare l’italiano. I concorrenti sono per lo più studenti che affrontano prove su etimologie, significati, modi di dire, sinonimi e contrari, scrivono un breve testo a tema e analizzano brani letterari letti da attori di prosa. Gian Luigi Beccaria, grande storico della lingua italiana, è l’anima scientifica del gioco a premi (consistenti in libri e non in quattrini: c’era da dubitarlo?). Da una costola di questo programma nascerà il Campionato della lingua italiana, con gli stessi protagonisti, trasmesso da Telemontecarlo fra il 1997 e il 1998. L’ultima edizione di Parola mia sarà invece prodotta da Rai educational fra il 2002 e il 2003, sotto la direzione di Giovanni Minoli. In ciascuna di queste imprese, la grande intuizione di Luciano Rispoli fu quella di fare cultura – e, in particolare, cultura linguistica – intrattenendo con il gioco e mantenendo sempre toni misurati, da “salotto buono” della televisione. Sarebbe bello se la televisione e la scuola potessero ancora contare su tanta creatività ben educata”.