Così il vento, a Corsico, tumbuliandomi, pare friggermi, ed io fremo bruciato dentro la mia camera come in una padella scassata, quando mi incendiavo i polpastrelli.
Perché non me li lecchi? Perché non me li raffreddi? Perché non mi immergi nell’acqua delle pozzanghere e mi anneghi, con le sanguisughe della fontanella che mi strangolano ché il mio sangue abbia il tuo stesso peso, la tua stessa quantità: io drenato potrei cascare nel tuo aldilà da porticato, ed indossare vene secche, scricchiolanti e spezzarmi come le ginocchia sbucciate di un testimone di Geova gelese vegliante, con una bibbia accartocciata in tasca.
Le tue vene scricchiolano?
Storcermi come un cariosside rosicchiato da concimi acidi, e farmi farinoso, tu sei tanto polverosa? eppoi seminato compartecipare al disastro siculo-nuvolare di Gesù, nel Getsemani nostrano, dentro una nuvola grigia che scaracchia grandine a forma di spighe, ed allora mi torco nascendo, sporcato di terra friabile, odorosa odorosa come la schiuma incollata alla tua spugna che attira la salsedine dei miei piedi, e partorisco una tua mano che ricordo imburrata di arilli liquefatti nel cerchio del tuo pugno chiuso, rugoso quando ti facevi tirare u sangu.
Sono solo.
Fanculo.
O.L