“Se magari fossi nato in quel posto…”
“Se fossi nato in quell’epoca lì…”
Darsi giustificazioni per un presente di cui non si è soddisfatti è una tra le più comuni mode dell’uomo contemporaneo. Un lavoro insoddisfacente, una relazione non appagante, amicizie superficiali: tante sono da sempre le noie di cui si soffre. E tante le evasioni che ci si concede per fuggire dalle medesime. E’ così che nascono i sogni più ristoratori, sì, ma anche i più illusori di cui ogni giorno ci cibiamo per “sopportare meglio”.
Può succedere così che un uomo, quale potrebbe essere uno sceneggiatore (“uno scribacchino di Hollywood”), affermato nell’ambiente, arrivi ad un certo punto della sua vita e si senta completamente inadatto al ruolo che gli è stato affidato. Incastrato nella parte del bravo fidanzato, bravo genero, bravo tutto, si trova nella tipica situazione di uno scrittore che si appresta a scrivere Il Romanzo ma che, per calo di ispirazione/motivazione, si ritrova con un manoscritto incompleto e inconcludente tra le mani. Se si pensa poi che, allo stato delle cose, la fase di illuminazione si verifica a Parigi, nella Parigi casa di artisti di tutti i tempi, il gioco è fatto (o quasi).
Tutti i sogni coltivati con dedizione e un po’ di masochismo restano aggrappati ad un cassetto della memoria, o meglio, della memoria immaginata, come se soltanto nel passato, nell’epoca d’oro, potessero avere spazio per maturare e finalmente realizzarsi. Credere (o forse semplicemente sperare) che possa esistere un negozio Nostalgia, in cui ritrovare cimeli appartenuti a chissà chi, oggetti che l’era del ‘Tutto e subito’ ha cancellato frettolosamente, è un lusso che soltanto Gil, il più che realizzato personaggio del film Midnight in Paris di Woody Allen, poteva concedersi.
“Dimmi se non è incredibile! Non esiste al mondo una città come questa, non è mai esistita!
Non ci vengo abbastanza, ecco il problema. Ti rendi conto di che schianto sia questa città sotto la pioggia? Immaginatela negli anni Venti: Parigi negli anni Venti sotto la pioggia, gli artisti, gli scrittori..”
Sono strane coincidenze, figlie di un destino romantico, quelle che a mezzanotte conducono quello scrittore trasognato e stralunato proprio nel milieu culturale della Bella Epoque parigina.
Soltanto un genio come Woody Allen avrebbe potuto concretizzare in maniera così viva e reale le fantasie che ogni appassionato di letteratura segretamente cova dentro di sé. E’ il suo gusto post- moderno per le citazioni e i riferimenti colti a trasporre sulla pellicola tutta una serie di personaggi che hanno rappresentato una pietra miliare all’interno della tradizione letteraria e che si ricordano come gli esponenti della Generazione Perduta (la génération perdue), ovvero quegli artisti che raggiunsero la maggiore età nel periodo della Prima Guerra Mondiale e che si trasferirono in Francia in quegli anni.
Non è un caso allora che a prendere Gil siano strani individui a bordo di una Cadillac targata primo Novecento.
Non è un caso che, durante la festa in onore di Jean Cocteau, Gil incontri gli inseparabili Scott e Zelda Fitzgerald, modello della nuova Età del Jazz.
Non è un caso che incontrino Ernest Hemingway, più che mai cinico, certo, ma quanto mai motivato ed estremamente convinto che “nessun soggetto è terribile se la storia è vera e se la prosa è chiara e onesta e se esprime coraggio e grazia nelle avversità”.
Non è un caso che Hemingway proponga a Gil di portare il suo romanzo a Gertrude Stein, mecenate di origine statunitense che visse la maggior parte della sua vita a Parigi; è da lei che nacque la definizione di ‘generazione perduta’ per quei tanto grandi espatriati lontani dalla propria terra che ebbe modo di ospitare.
Ma, come sappiamo, le speranze più intime sono sempre accompagnate dalla lucida consapevolezza che, nonostante il fascino che eserciti il passato, sia sempre più consigliato restare coi piedi per terra, e accettare la propria vita e il proprio essere poco convenzionali e magari fuori moda come un elemento imprescindibile del proprio presente. Senza mai smettere di sognare di vivere la propria personalissima età dell’oro.