L’ultima è venuta via da Termini trascinando un trolley, bellissima, schiena dritta. L’ha vista iniettarsi come un ago ipodermico nel flusso sanguigno di Roma, in una piena giornata di Marzo, volatile come nuvola. Per Antonio Rossi vedere una donna ha l’effetto di un acido. Puro trasporto, psichedelìa: ogni volta un viso e un corpo, ogni volta le stesse foglie cadenti nel cervello, la tavoletta scartata, leccata, lasciata friggere sulla lingua, assaporata lentamente prima del viaggio.
Donne. Ovunque. Ad estendere il suo campo visivo sono le tette, e più giù il ventre, i fianchi e tutto ciò che si preme ad un dannato vestito: poi le gambe, che attorcigliano l’aria prima di finire sul puntello acrobatico dei tacchi. Quando gli occhi di Antonio hanno finito il lavoro, lui sente la bocca riempirsi di panna.
Lei è bruna, 30 anni, legge un rotocalco rosa. Gli occhi occupati corrono da un punto all’altro della pagina: viso in allerta, seni in allerta, lo sguardo di colpo si ferma, riparte, cambia direzione, incrocia. E’ in quel momento che il nostro eroe abbassa gli occhi e si muove a scartare di lato.
Giù lo sguardo del Grande Antonio Rossi, il più nobile osservatore di un mondo perduto e perdente al gioco della seduzione, qualunque cosa tu stia facendo smetti, per favore: guarda il tuo professore che aggira l’ostacolo come un abile torero che ruota la muleta nell’impero dei sensi e del sangue. Per lui è più che facile.
Tutta quella bellezza, il mento che non si mortifica per la sua perfezione, la sensualità incosciente e senza vergogna: niente di lei merita una possibilità di lotta, non finchè può esserci una sola possibilità di sconfitta. Con Antonio Rossi, tuttavia, non c’è partita.
‘Sei un pervertito di merda’.
Per qualche secondo il grande seduttore finge che le parole verranno davvero fuori dalle sue labbra, e si convince che guardando la banda di linoleum giallo che porta ai binari tutto si dimenticherà di lui. Al limite di una grande avventura, poche parole buttate via, il silenzio, poi il vuoto, poi la giostra ricomincia a girare.
‘Scusami se ti ho fatta sentire osservata: è che stiamo per andare a letto insieme, e ho pensato di mettere da parte le formalità scambiandoci i numeri di telefono’.
‘Mi hai sentito? Sei un pervertito di merda’. Forse non è un sogno.
‘La mamma non ti ha detto che non si parla in questo modo?’
‘Stronzo.’
I tacchi nel balletto non si muovono. Non è esatto: i tacchi nel balletto iniziano a muoversi. Ruotano minuziosamente, e gli occhi di Antonio Rossi, osservatore di mestiere, ruotano minuziosamente con loro.
‘Sei uno di quei malati che fermano le ragazze?’
‘Solo le più belle’.
E allora lei sorride, ed è come stare in spiaggia in un tramonto accelerato di migliaia di anni di cuori spezzati, e non c’è viaggiatore in grado di muovere un muscolo prima che tutto scompaia nel gorgo nocciola delle sue pupille.
Sono le quattordici e venti di un mercoledì soltanto immaginato da Antonio Rossi, in pochi secondi, mentre dà il resto all’edicolante e ritira la sua copia di Vanity Fair da portare alla bella bruna di 30 anni.
Sua moglie.