IL CONTE DI CAVOUR/
RACCOLTA LA TORMENTOSA ASPIRAZIONE DI XV SECOLI/
XXVII MARZO MDCCCLXI/
DI QUI PROCLAMO’ ROMA CAPITALE DEL REGNO/
COLL’ ENTUSIASMO/
DELLE PURE IDEALITA’ E DEI GRANDI SACRIFICI/
IL PARLAMENTO INTERPRETE DELL’ANIMA ITALIANA/
VINDICE DEL LUNGO MARTIRIO UNANIME CONSACRÒ COL VOTO/
TORINO XX SETTEMBRE MDCCCLXXXXV
La scelta della capitale è determinata da grandi ragioni morali. E’ il sentimento dei popoli quello che decide le questioni ad essa relative.
Ora, o signori, in Roma concorrono tutte le circostanze storiche, intellettuali, morali, che devono determinare le condizioni della capitale di un grande Stato. Roma è la sola città d’Italia che non abbia memorie esclusivamente municipali; tutta la storia di Roma dal tempo dei Cesari al giorno d’oggi è la storia di una città la cui importanza si estende infinitamente al di là del suo territorio, di una città, cioè, destinata ad essere la capitale di un grande Stato. (Segni di approvazione su vari banchi) Convinto, profondamente convinto di questa verità, io mi credo in obbligo di proclamarlo nel modo più solenne davanti a voi, davanti alla nazione, e mi tengo in obbligo di fare in questa circostanza appello al patriottismo di tutti i cittadini d’Italia e dei rappresentanti delle più illustri sue città, onde cessi ogni discussione in proposito, affinché noi possiamo dichiarare all’Europa, affinché chi ha l’onore di rappresentare questo paese a fronte delle estere potenze possa dire: la necessità di aver Roma per capitale è riconosciuta e proclamata dall’intiera nazione. (Applausi)
1861
Memorabile il discorso del 25, storico poi quello del 27.
Cavour era esaltato infebbrato. Sfiancato.
L’ordito intessuto con fili pazientemente tirati e faticosamente intrecciati adesso prendeva forma e colore.
Che gli restasse poco da vivere ancora, il conte Camillo Benso lo sapeva. Il primo ministro lo temeva.
Troppo gli premevano le sorti della neonata nazion d’Italia.
2015
Gomme ciancicate meccanicamente, nevrile compulsare di smartphone.
I professori erano visibilmente sfiancati. Museo Egizio, Fiera del Libro, la Sacra Sindone.
Ma le classi andavano portate fino alla culla della nazione, quell’Italia che a Torino aveva visto la luce.
Nel programma c’era e la tappa andava rispettata.
Palazzo Carignano, una massa grigia che contrastava con gli zaini e i fermagli colorati dei ragazzi.
Severità di linee contro la morbidezza di forme e movimenti di adolescenti in gita.
Annoiato sollevare di sguardi sulla lapide indicata dai prof di Storia.
– Bella prof! Roma capitale! Che già lo sapevano che si mangiavano l’Italia?
Gli insegnanti si affannarono a spiegare, confrontare, commentare. Mentre incombeva la fame lupigna del mezzogiorno di quattro classi.
Annuire, calar di teste incoronate dalle cuffiette.
Pregò, una precaria appassionata e stanca.
Che tutto non fosse inutile.
Che i colori di quella giornata non si ingrigissero.