Prima o poi ci si ammazza non decidendolo: passaggi e passaggi di tempo nel cielo Rosso.
M’attaccano i mandriani; usano i bungalow come carri armati, strisciano verso le case popolari dell’impiccatore, flirtano con l’uomo coniglio scopatore e sopprimono impiccati sotterrandoli nei vasti terricci piovani:
“ Forza, forza… più terra più terra!”.
Nella città siamo investigatori, giochiamo con foto del 1920; sono attraenti i venusiani perchè la loro stella è prossima alla terra: nessuna verità se non un riciclato della verità.
Cielo Rosso.
Passano anni,siamo ancora nascosti nello spettro della città, gli stagni perdono acqua e partoriscono altra acqua fognaria: zampettano feci di morto tra le reti della zanzariera. I rivenditori premono interruttori con distrazione irregolare: non si ritorna al primo big bang dove la terra cristiana era solo bianca, si accettano solamente giornali atomici dentro le nostre case.
Con i giornali mi ci vesto!
Burroughs mi offre il mestiere del disinfestatore, o del cacasotto rintanato al 5^ piano con in mano uno spray contro formiche uraniane. Lo stagno s’è ingigantito, piove anche nel tremore di una cacarella a big bang inoltrato.
Hanno fatto secco tuo figlio impiccandolo al contrario, aveva la faccia verde.
La nave del Capitano non attracca in mare, ma su asfalto marittimo: ammiriamo il mestiere della schizofrenia del ferro, investigativo nell’attimo in cui crollano terrazze.
I rumori delle terrazze.
La ciurma mi ficca in cintola il revolver:
2 Opzioni creatrici:
1- M’ammazzo con Burroughs vedendo le terrazze crollare?
2- M’ammazzo da solo vedendomi su un vetro, e poi venendo, ma non sapendolo?
L’opzione 3 appartiene al revolver.
Alla fine penso mi ammazzerà, ci ammazzerà.
Il terrazzo non decade.