Nata nel lontano 1919, il premio Nobel Doris May Taylor, conosciuta in tutto il Mondo come Doris Lessing, è uno degli ultimi testimoni viventi delle più importanti tematiche sociali del XX secolo.
La scrittrice inglese, nata in Persia (l’attuale Repubblica Islamica dell’Iran) e cresciuta sino ai vent’anni in Rodhesia (Zimbabwe) , ha saputo esprimere il suo grande talento con una tecnica ed una competenza tanto versatili da aver prodotto opere letterarie (romanzi, novelle) e teatrali; persino libri di fantascienza. La sua biografia umana è legata a stretto filo con quella intellettuale. L’Africa con i suoi conflitti razziali, le ingiustizie, la fatica costante delle donne sempre in lotta per l’emancipazione e poi ancora l’impegno politico, non poteva non condizionare il suo vastissimo lavoro di scrittrice e drammaturga. Anche l’Inghilterra, paese in cui vive dai primi anni 40, ha avuto un posto di rilievo nelle sue opere. Tutta l’opera di Doris Lessing per la molteplicità dei temi trattati e delle opere pubblicate, è stata classificata e ripartita in tre macro periodi:
1944 – 1956 in cui ha scritto molto di temi sociali e della sua simpatia per l’ideologia comunista;
1956-1969 dove è ricorrente il tema psicologico e della visione introspettiva dei suoi personaggi, per lo più femminili;
Anni “70-80” che trattano di Sufismo e di fantascienza.
Sul finire degli anni 90 del “900, e sino al 2007, anno in cui ricevette incredula e quasi infastidita il Premio Nobel per la Letteratura, si è impegnata in una rilettura approfondita di tutti i temi trattati nei suoi romanzi.
Ma ripercorriamo più da vicino, come in un viaggio appassionante e non privo di colpi di scena, la sua storia intellettuale ed umana.
In Africa la piccola e adolescente Doris vive anni grandi sacrifici, a causa delle scelte familiari che portano il padre Alfred, un Inglese impiegato in una Banca persiana, a occuparsi di una vasta piantagione nel sud dell’Africa per tentare la fortuna che a molti conterranei era valsa una vita migliore. La famiglia Taylor purtroppo conobbe lunghi anni di lotta per la sopravvivenza mentre la madre riversava sull’unica figlia un’educazione intransigente e morigerata. A soli quindici anni Doris decide che la vita nei campi e la severa educazione dell’istituto femminile gestito dalle Suore, non fanno per lei. Sceglie così autonomamente il destino della propria esistenza. Ricordando quegli anni, Doris ha spesso dichiarato che da giovane non aveva mai pensato di diventare una scrittrice “dal momento che trascorrevo tutto il tempo ad escogitare un piano per scappare” (Cit.). Tuttavia un’educazione da auto-didatta e importanti esperienze di vita hanno determinato in lei la passione per la scrittura. Dopo due matrimoni conclusi in breve tempo con altrettanti divorzi e tre figli di cui uno dal secondo marito, Gottfried Lessing un ebreo di origine tedesca, nel 1950 scrive il primo di una serie di libri ambientati in Africa: “L’erba che canta”. L’opera critica apertamente l’ingiustizia dello strapotere dei bianchi nei confronti dei neri e tratta del conflitto tra la coscienza individuale e il bene comune. Tante sono le donne dei suoi romanzi, a partire da Marta Quest, protagonista di un ciclo di cinque libri che raccontano le vicissitudini ed esperienze di una donna cresciuta in una fattoria africana che si trasferisce in una grande città scoprendo la politica e i conflitti sociali, appassionandosi completamente ad essi.
Le storie di Marta Quest: I figli della Violenza del 1952, Un matrimonio per bene (1954), Echi della Tempesta (1958), La città chiusa (1965) e l’ultimo The four-gated city (1969) sono ambientati a partire dagli anni 30 e seguono la vita della protagonista con una attenzione ed una esaltazione dei temi cari al femminismo del secondo dopoguerra. Fu anche a causa di questi libri che la scrittrice dovette lasciare la Rodhesia dietro un esposto del governo che la bandì come inospitale anche in Sud Africa. Solo nel 1994 poté tornare a visitare le terre della sua giovinezza.
Indimenticabile ed acclamato dalla critica è il romanzo “Il Taccuino d’Oro”. Molteplici sono i riferimenti autobiografici di quest’opera che vede la luce nel 1962 dopo un lungo lavoro; protagonista è un’altra donna: Anna Wulf. Il libro è intriso dei temi cui la Lessing è molto legata: scelte di vita protese tra politica e amore, sessualità, lotta per l’emancipazione nell’eterna divisione tra uomini e donne. Anna è una donna che cerca di vivere liberamente come un uomo. Nonostante abbia trattato di esperienze femminili appassionanti,visionarie, talvolta scettiche, Doris Lessing si è sempre dichiarata apertamente contraria e lontana dal movimento femminista giungendo a pensare che le femministe avrebbero visto in lei una testimone della battaglia contro le bestialità maschili e della opportunità della loro sparizione dal mondo. Argomenti deludenti e privi di significato per la scrittrice inglese.
Con gli anni “70, come si diceva, si cala con maggiore attenzione nell’animo e nella psicologia femminili ed umani in generale e con Discesa all’inferno (1971) e Memorie di una sopravvissuta (1974) esplora lo spirito del romanticismo come genere letterario, espandendolo alla umana comprensione delle regioni inesplorate della mente e del proprio ego.
L’eclettismo intellettuale di questa scrittrice ha sorpreso quanto infastidito per il modo in cui è passata a trattare dai temi sociali e dalla denuncia ai soprusi del popolo africano a quelli fantascientifici. Il ciclo di racconti “Canopus in Argos” nasce negli anni “70-80 e si basa su storie visionarie e di fantascienza di un mondo forzatamente evoluto che tenta di sopravvivere a se stesso. Molto introspettivi e legati al sufismo di cui Lessing fu proselite per molti anni, questi racconti sono piaciuti poco alla critica che ha addirittura messo in dubbio la prima candidatura al Nobel per poi portare al fortunato ripensamento del 2007.
Benché in Italia siano poco dibattuti il suo pensiero ed il suo stile narrativo, Doris Lessing è un caso letterario ed umano di grande spessore negli ambienti intellettuali nord europei. Pur avendo seguito con passione ideologie e movimenti, se n’è liberata con una serenità sorprendente che non ha dato spazio alla disillusione. Semplicemente “certe ideologie, -come ha affermato – che sembravano destinate a durare in eterno, non esistono più e quindi si può far benissimo a meno delle ideologie”.
Anche il Sud Africa le deve molto. Da quando nel 1994 è potuta tornare in Zimbabwe ha a lungo testimoniato, denunciandole, le pessime condizioni di vita delle donne e dei bambini e tuttora, dalla sua casa londinese, sostiene la necessità di interventi a favore dell’istruzione dei bambini e delle donne africane. La tradizionale dichiarazione di ringraziamento, che la Lessingha inviato il 7 Dicembre 2007 alla Fondazione Nobel, è stata un canto d’amore per l’Africa, una sintesi dei suoi anni vissuti nella povertà, tra disagi materiali e fisici ma anche tra l’incanto di luoghi meravigliosi. La sua lettera ai cattedratici del Premio Nobel è un monito ancora attuale a fare di più per quelle generazioni africane che oggi come ieri pur non avendo nulla da mangiare, potendo scegliere fra “tre giorni di cibo e parlare di un libro e di educazione non esiterebbero a decidere per la seconda scelta” (Cit.). Oggi Doris Lessing con i suoi novantatré anni resta uno degli ultimi fulgidi baluardi della letteratura mondiale e non ci si lasci ingannare dal suo aspetto docile ed apparentemente fragile di anziana nanny. Il suo è ancora uno spirito robusto e dolce come il mais che raccoglieva nel bush (terra) della sua Rodhesia.
Per una visione completa dell’opera di Doris Lessing si veda www.dorislessing.org.