E’ l’ennesima lettera che ti scrivo senza che tu mi dia un cenno di vita. So che sei arrabbiata con me, o che non ne vuoi sapere niente di me. Che ti ho rovinato la vita eccetera. Ma ho bisogno di te, e sei l’unica persona a cui possa chiedere aiuto.
In fondo sono pur sempre tua madre, no?
Non so che cosa mi stia succedendo, ma ho tanta paura. C’è qualcuno che mi spia, che mi vuole spaventare. E ti prego, non dire che sono farneticazioni di una donna anziana, fantasticherie, modi per attirare l’attenzione. Perché non mi sto inventando niente, e ciò che accade lo fa con troppa frequenza per poter venire definito una coincidenza.
Non è una coincidenza che senta ogni sera l’ascensore salire fino al mio piano, che senta dei passi dirigersi verso la mia porta e poi…basta. Qualcuno che rimane lì, fermo, come ad aspettarmi, come se da un momento all’altro dovesse suonare il campanello.
Questo qualcuno – chiunque sia – non lo fa mai. Rimango zitta, ferma, in attesa dei sentire qualcosa, anche solo un colpo di tosse grazie al quale riuscirei a capire se fuori dalla mia porta ci sia un maschio oppure una femmina.
Ma niente, niente del genere. Passo minuti interi col fiato sospeso, il cuore in gola, le mani tremanti, e non riesco a far finta di niente, ad accendere la televisione per sentirmi rassicurata da giornalisti o attori, e per comunicare a chi sta fuori dalla mia abitazione che non ho sentito niente, che sono tranquilla e che non mi ha spaventata.
Che tipo di passi sono? Non lo so… A volte misurati, altre svelti. Non so se sia la stessa persona, se siano in due che si danno il cambio… Non so niente, sono solo tanto spaventata.
Una sera ho sentito suonare il campanello. Chi poteva essere? Chi mi conosce qui, in un appartamento perlopiù disabitato? Vicini non ne ho, lo sai. C’è solo una coppia, ma sono sempre in giro, non li vedo mai nemmeno nei corridoi, in ascensore, nell’androne del pian terreno… E non posso nemmeno credere che fosse qualcuno che ha sbagliato casa, perché non finisci al quinto piano di un palazzo per puro caso.
Beh, non ho aperto. Sono rimasta in silenzio. Poi ho sentito bussare, lievemente, come se fuori dalla porta ci fosse stata una bambina intimorita.
Solo quella volta sentii qualcosa di diverso da un campanello che suona.
Ma questo qualcuno, Diana, questo qualcuno sta cominciando a spaventarmi.
Non ci vuole una scienza per capire che può trattarsi di qualcuno legato a tuo padre. Lo sai, la storia dei debiti…debiti che non ha mai saldato perché di colpo se n’è andato di casa, lasciandomi sola, malata e con te poco più che undicenne.
Ti chiedo scusa, scusami se sono stata severa, ma ti prego, ascoltami, aiutami.
Vieni a trovarmi. Stai qui da me. Posso procurarti una brandina, o comunque posso farti dormire sul mio letto, io mi posso aggiustare, davvero, giuro, non ti preoccupare.
Ho paura ad aprire la porta, ho paura persino di sentire il campanello suonare. Mi muovo con difficoltà, è già tanto se non ho il girello. Non posso rischiare di aprire la porta, perché non ho la forza di chiuderla nel caso fuori ci sia qualcuno di losco.
Tutte le notti, tutte le notti è sempre la solita storia. L’ascensore, i passi, poi il silenzio, i soliti passi che se ne vanno, l’ascensore che scende.
Aiutami, ti prego.