Pubblicato a puntate tra il 1860 e il 1861, Grandi Speranze (da cui è stato tratto recentemente un film) è un romanzo di formazione. Nelle prime pagine vediamo il piccolo Pip alle prese con una sorella dispotica, che l’ha “tirato su con le mani” e suo marito, il buonissimo e ingenuo Joe, suo amico e alleato. È destinato a diventare aiutante di Joe alla fucina, per lavorare in futuro come fabbro. Pip non vede l’ora di essere abbastanza grande per diventare apprendista, fin quando un evento inatteso rivolta il suo modo di vedere e di sperare. Un giorno gli giunge un invito da parte di Miss Havisham, una ricca signora misteriosamente eccentrica che lo vorrebbe a casa sua un pomeriggio “per giocare”.
Pip si reca all’appuntamento senza sapere bene cosa aspettarsi: si ritrova in una casa priva di luce, vecchia e consumata, cristallizzata in ragnatele e polvere come se fosse abbandonata. La vecchia signora ha deciso di vivere fermando il tempo: gli orologi non segnano l’ora esatta, lei stessa indossa sempre lo stesso abito, da anni. Perché? Qual è il mistero che si cela dietro queste stranezze? Ma soprattutto, chi è quella bambina così bella, ma così gelida e cattiva, di nome Estella, dalla quale Pip non riesce a distogliere lo sguardo?
Questi incontri cambieranno Pip, che non sarà più soddisfatto del suo futuro come fabbro, della situazione di ignoranza e povertà in cui lui e la sua famiglia vivono. Vuole essere ricco, vuole essere un signore e conquistare Estella con la sua cultura e la sua raffinatezza. Un giorno, gli viene comunicato che è improvvisamente diventato un giovane dalle grandi speranze. È l’erede di una grande fortuna, ma il benefattore per ora deve rimanere ignoto. È forse Miss Havisham?
Pip si trasferisce così a Londra, per iniziare la sua istruzione e la sua formazione, per diventare un signore. Grandi colpi di scena lo porteranno a volte vicinissimo ai suoi iniziali desideri, a volte così lontano da fargli perdere la fiducia. Soffrirà per l’amore viscerale che prova per Estella, ma troverà un grande amico nel figlio del suo insegnante, Herbert, suo coinquilino dal primo giorno di permanenza nella capitale.
Il romanzo di Dickens è una costruzione imponente: accanto a Pip, infatti, sfila una moltitudine di personaggi su un flusso caotico di accadimenti a volte prevedibili a volte improvvisi, ma così ben incastonati l’uno nell’altro, così intrecciati alla crescita morale e mentale del protagonista, che la trama diventa un tutt’uno affascinante, composto da tanti frammenti ma omogeneo nella sua spettacolarità. Punti fermi della scrittura di Dickens sono l’ironia, l’umorismo, l’abile aggettivazione (che caratterizza soprattutto i personaggi, anche quando essi non sono altro che macchiette, con grande precisione iconica e contestuale), la costruzione della suspense attraverso brani mai sovrabbondanti.
È un grande classico, che sa tenere col fiato sospeso e non annoia mai. È una lettura divertente, ma soprattutto fondamentale nel panorama della letteratura straniera. Charles Dickens ha fatto un ottimo lavoro, che non va dimenticato.