Alla ricerca di una propria identità culturale. Ne ho visti tanti. Nuotare, affannando, in un mondo di pochi punti e tanti buchi.
Giovani appassiti che si rifugiano in distrazioni momentanee, preferendo la fuga alla realtà. Nessuna storia nuova. Eppure la fuga, un tempo, era proibita, e l’unica cosa che rimaneva da fare a chi, mesto, rifiutava il mondo esterno, era un viaggio accompagnato dagli unici amici scelti, i protagonisti di quei romanzi che ancora rivivono nella mente di chi li ha conosciuti, o i versi delle poesie, quelle maledette sconosciute e astiose, o la penna refrattaria di un adolescente in pena.
La lettura era l’unica fuga.
“La verità è che Jay Gatsby di West Egg, Long Island, era scaturito da una concezione platonica di se stesso”, scriveva F.S. Fitzgerald ne Il Grande Gatsby, romanzo cult di una generazione, quella degli anni ’20, dilaniata dai cambiamenti post guerra. Alcol, droghe e mancanza di speranza. Un vortice in cui i ragazzi di un’epoca fragile e precaria erano facili entrare.
Gli anni del disprezzo, gli anni dell’opposizione forzata, gli anni del diniego. Quelli dell’adolescenza sono gli anni di formazione e deformazione. Impauriscono e affascinano. E l’educazione della mente è forse l’arma più potente per placare qualsivoglia propensione all’autodistruzione. O almeno, a quella inconsapevole e incosciente.
La morte della speranza è secondo alcuni un muro invalicabile pari quasi alla morte celebrale. Nessun ottimo motivo per aprire la mente al futuro e cercare di nutrirla. Ma la spietata forza autodistruttiva è stata a volte sprone per una rinascita interna, per un avvicinamento alla letteratura e la creazione di opere che alla sua crescita hanno contribuito.
Lo stesso Fitzgerald, Hemingway, Bukowski, Joyce, Kerouac, Capote. La lista è lunga quanto infelice potessero essere i loro componenti. Dopotutto l’arte è sofferenza, è dolore.
E da qui l’ispirazione.
Allora l’arte è liberazione o fuga? Può un dolore escludere l’una o l’altra cosa?
Quattro ragazzi su dieci non leggono, sei su dieci bevono regolarmente e almeno il 19% fa uso di sostanze stupefacenti. L’evasione, non quella fiscale per una volta, sale in maniera regolare. Cambiano i modi? No. Cambiano i numeri. Ma chi si chiede davvero cosa ricerchino gli adolescenti oggi? Proporre una solida fuga che non possa ritorcersi su fegato e cervello una fune a cui aggrapparsi, non una da stringersi al collo.
Nel mare del silenzio giovanile, le voci che chiedono aiuto sono tante. Ma ci piace parlare di quelli che non ce la fanno, perché di quelli che la speranza se la costruiscono sono pieni i romanzi non la vita reale.
“L’uomo non sta in nessun posto. Perché qua non è un posto, ed io sono qua per testimoniarlo” (J. Kerouac)
La Grande depressione degli anni ’20 fu un’arma distruttiva, che colpì e ferì intere generazioni, gettando le basi per i grandi cambiamenti degli anni ’50. Quella di oggi è una crisi depressiva, un allontanamento dalla bellezza della mente. Ma la speranza, ai giovani, va data, sempre. Per ricordare a loro e a noi che anche il periodo più nero genera arte.