Ho fatto tardi. Ancora una volta. E forse è l’ultima.
Ho fatto tardi, perché il Primo Maggio è finito, e vedo i ragazzi sbaraccare il palco e i tralicci.
Non c’è più musica, è rimasta qualche lattina di coca e un mucchio di bottiglie di birra, alcune lasciate a metà.
Avrei voluto vederli, sentire almeno la voce del palco, la rabbia e la felicità di quelli come me, il ruggito delle chitarre.
Invece, c’è solo la Basilica, e i sampietrini da calpestare. Un giorno come altri, l’ennesimo.
Eh, ma cosa gliene fregava ai Subsonica di sentire le mie storie con le banche, in fondo, no?
E Nina Zilli? Nina Zilli mica potevo fermarla e mostrarle le cartelle di Equitalia, no?
Ho fatto tardi, porco mondo, e non ho più una sigaretta. Magari Pannofino ce le aveva, boh.
Qualcuno ha pure vomitato. Ma almeno ha visto Caparezza, e sentito il profumo di una vecchia canzone di De Andrè.
In metro non c’è manco una bandiera. Roma è tornata Roma, e quel che è peggio, io sono rimasto io.
Scendo qua, tanto i soldi per il ritorno non li ho. E Foggia è troppo lontana, oggi.
In fondo per farlo non c’è mai un tempo giusto. Lo fai e basta.
Bello il Tevere. Ieri pioveva. Oggi un po’ di sole è comparso.
Scavalco. I barboni che trascinano buste, un cane che dorme, un ramo trascinato dalla corrente.
Sono le ultime cose che vedo, mentre sento cantare Finardi in Piazza. Come se fossi arrivato ieri.