La tendenza che prevale nell’horror attuale – una tendenza che scavalca e raddoppia il genere cui eravamo abituati dalla lunga e antica tradizione del Fantastico – vuole farci accettare il terrore, se non condividerlo, come una presenza nella vita di tutti i giorni, qualcosa che non trascenda la consueta e quotidiana realtà ma che le appartiene inesorabilmente. Demoni, case infestate, Vampiri, riti satanici abbondano come certa letteratura Gotica dell’800, ma la loro funzione non funge più da introduzione a luoghi ignoti, attraverso cui si scontrano oscurità impalpabili: si ha la sensazione che vengano utilizzati solamente come oggetti cinematografici, la cui fruizione ha il solo scopo – ottenuto non sempre – di gridare all’orecchio dello spettatore facendolo trasalire, almeno per qualche istante.
La grande tradizione della letteratura Fantastica non si è mai posta come scopo ultimo quello di gridare all’orecchio dello spettatore, o per giunta di gridare – come certa grande Letteratura ha saputo fare – “agli occhi” del lettore con colpi di scena e sequenze ad affetto, mostruosità improvvise e sorprese dietro la tendina della doccia. La grande Letteratura, soprattutto quella condita con elementi Fantastici, non ha nulla da spartire con la stramaggioranza degli epigoni narrativi in veste cinematografica, perché lo scopo è sempre stato quello d’incutere Paura, terrorizzare il lettore in virtù dell’Invenzione. Nell’ultima ondata horror quello che preme non è tanto l’Invenzione quanto l’effetto invece che può provocare in efficacia e immediatezza viscerale come uno spauracchio fine a se stesso. Uno spauracchio tanto ridondante, massiccio e ripetitivo quanto prodotto commerciale dai risultati garantiti. Un’epoca che sceglie immagini convenzionali per rassicurare le sue mai sopite paure infantili, trasmettendo insicurezza collettiva in una società paranoica. Un’epoca in cui i consumatori – perché ogni epoca ha avuto la sua strana forma di consumatore – rigettano in conati di rifiuto ogni riscoperta spirituale, rispondendo ai propri bisogni più intimi con feticci anziché Miti. Howard Phillips Lovercraft, formidabile scrittore oltre che narratore, è stato per un lungo periodo baluardo e ultimo superstite degli scrittori “mitologici” della Letteratura Fantastica a dare forma immaginativa alle sua condizione esistenziale e ai problemi, a suo modo, di un’epoca.
Lovecraft è stato un sognatore: possedeva l’innata capacità, che nessuno oramai mette in dubbio, di gettare un ponte tra il mondo dei sogni e quello della veglia, fin quando l’uno non colora l’altro di luce propria creando un amalgama originalissimo.
Enormi altopiani deserti sui quali troneggiano colossali rovine; abissi senza fondo che si spalancano in altre realtà; celle e corridoi sotterranei che si diramano sotto fondamenta di edifici, mettendo in comunicazione il mondo con una realtà gravida di segreti; esseri mostruosi che terrorizzano e meravigliano allo stesso tempo: questi ed altri ingredienti costituiscono il Pantheon narrativo de Il richiamo di Cthulhu, la sua più compiuta e originale creazione artistica.
Cthulhu ruota attorno a una serie di entità spaventose non di questo pianeta, ma di uno spazio ancestrale, i cui nomi sembrano l’anagramma di un dizionario di Mitologia, come Azathoth, << il Dio cieco e idiota che gorgoglia blasfemità al centro dell’universo >>, o Nyarlathotep, << messaggero dell’Olimpo degenerato >>. La controparte terrestre di questo mondo ultracosmico popolato da grottesche ed inimmaginabili creature è quella degli Stati della Nuova Inghilterra, che Lovecraft vede segnati da colpe antiche e condannati al martirio. Le città umane cui lo scrittore darà particolare attenzione sono i villaggi immaginari di Kingsport e Dunwich, che praticano il sesso tra consanguinei e il commercio con entità corrotte e bandite; la colonia terrificante di Innsmouth dei sanguemisto; e per ultima la grandiosa costruzione di Arkham, città dotta e universitaria nella quale prendono vita le più inquietanti invenzioni Lovecraftiane.
Il richiamo di Cthulhu è uno dei grandi manifesti artistici dell’Invenzione. Prendete nota.