Rabbrividisce Lucia.
È fredda la cella, umida di pioggia decembrina.
Ma non è solo il gelo dell’anno che agonizza a farle tremare le membra minute.
È la condanna che pende sulla sua testa.
Perché essere come Lucia è violare la legge.
L’arresto. I soldati in casa, calzari e spade come a catturare un’assassina, una ladra.
Sgabelli rovesciati, rotoli sequestrati come se dentro ci fossero parole di morte e oltraggio e non il verbo di vita del Divino Maestro.
Ma chi vuole morta Lucia è la parola del Cristo che teme, germe volatile che genera nuovi adepti. Per un credo strano e sedizioso.
Il processo,
Lucia a testa alta, nonostante il pudore di vergine velata, allo Sposo consacrata e al quale soltanto può mostrare i lineamenti delicati, l’onda folta dei capelli che ricorda i marosi mai stanchi di frangersi sui bastioni e gli scogli di Ortigia, il nucleo millenario di Siracusa.
Gli occhi vivi, luminosi, occhi di mandorla, occhi che sanno posarsi sui piedini di un orfano, sulle mani di una vedova, sulle piaghe di un infermo, dolci e solleciti, occhi di figlia e sorella, occhi di donna che ha fatto di se stessa un giardino per il riposo del Celeste Sposo e dei propri beni una fonte di sollievo per la sofferenza dei miseri, gli occhi di questa giovane hanno lampeggiato, fermi e decisi ad accompagnare la voce guidata dallo Spirito.
Nulla ha potuto il tradimento, nulla la denuncia.
Nulla potrà la violenza, nulla la minaccia, nulla la tortura.
Saranno anzi gioielli da incastonare nella corona di gloria che l’aspetta.
Perché Lucia è radiosa, è illuminata dallo splendore della fiamma d’Amore che l’ha accesa e che nessun potere umano sarà in grado di spegnere.
Pece per darle fuoco, buoi a smuoverla, il postribolo per insozzare la sua virtù.
Niente, niente è riuscito a far tremare le faville della sua lampada, l’anima forte che abita il suo corpo di ragazza.
Ma ora trema, Lucia.
Sa che morte l’attende, che il martirio – la testimonianza dei fratelli, delle sorelle scannati, triturate le ossa da belve feroci, privati dei beni e del bene dei beni, la vita, oh quante volte il suo animo si è esaltato al racconto delle parole, della fermezza dei cristiani miti ma domi mai? –, il martirio non è più un orizzonte possibile ma è scritto definitivamente su questo cielo grigio ingabbiato dalle grate.
Prega di non cedere, di conservare alta e pura la fiamma che arde sotto le braci del timore umano.
Ha sognato, Lucia.
O forse era una visione.
Siracusa in festa, torce e rami d’aranci, il grido dei concittadini ad urlare gioiosi il suo nome.
Possibile?
La croce portata in trionfo. Oh, la fede cristiana non può non prevalere, Lucia ne è certa e la visione glielo conferma.
Cos’è quello?
Un simulacro con le sue fattezze.
Prodigi e segni, il suo nome invocato benedetto pregato. Cantato da musici e poeti. I suoi occhi nei pennelli dei pintori.
Possibile?
Nulla a Dio è impossibile. Neppure che l’oscura piccola siracusana divenga una stella nel firmamento della cristiana fede.
Si risveglia Lucia, via subito il torpore. La morte dovrà coglierla lucida, vigilante come le sagge vergini mai prive d’olio per aspettare lo sposo a lampada accesa, ben stretti i legacci dei sandali.
Oh Signore benedetto!
Cade in ginocchio. Il Viatico, nelle mani del vescovo che è giunto a visitarla, a confortare le sue ultime ore terrene.
Il Corpo e Sangue dello Sposo a spianarle il cammino verso la morte, anzi no, il dies natalis, questo tredici dicembre che registrerà la nascita al cielo di Lucia, vergine e martire siracusana.
Esita un attimo, il boia.
Scoprirle le spalle di un nitore abbagliante, denudarle il collo. È forse troppo anche per chi è avvezzo a sangue e urla di condannati, esporre il pudore virginale di questa ragazza che avanza senza una lacrima, senza una parola.
Insostenibile la luce di quegli occhi in cui si riflette il cielo di Ortigia, incupito, ingramagliato a piangere la fine della sua figlia più bella.
Un raggio impalpabile filtra dalle nuvole scure. Un volo di quaglie come lenzuola al vento, come vele pronte a sciogliere i nodi e prendere il largo.
Lucia alza gli occhi, poi abbassa le palpebre.
È pronta, come una sposa adorna per lo Sposo che viene.
È ora di andare.