“Ma per chiedermi ‘sta cavolata c’era proprio bisogno di legarmi su una sedia? Ma dico io, ma che…”
“Oh, ma che hai capito?”- fece lui, aggiustandosi gli occhiali – “E’ solo perché fa figo!”
“Ma che…? Oh, ma questi so tutti matti!!!”
“Allora, vuoi rispondere o no? Per tre lezioni di fila nessuno scrittore. Perché? Te l’avrò chiesto cento volte!”
“Torno a ripetere: non c’è stato nessun motivo preciso.”
La stanchezza però, che può tutto, alla fine mi fece cedere e finì che inventai qualcosa.
“Ehm, ah, ecco, sì…uhm… Melville! Sì, Melville! Quando non venne. Eh, sì, ci rimasi male, ecco! Restai ad aspettarlo un giorno intero! Ecco, questo.”- dissi felice.
Loro erano entrati, erano entrati con educazione. Avevano suonato alla porta. C’era un signore di mezza età, basso, con gli occhiali. Dietro di lui, una decina di persone. Non altrettanto educatamente fecero quello che già sapete. Ed è solo colpa sua, sua e di nessun altro, se né io, e a maggior ragione neanche voi, sapremo mai come andò a finire. Svegliaccia maledetta! Non c’è essere animato o cosa al mondo che possa competere con la tua antipatia! Mi alzai dal letto e presi il manuale. Ancora una volta, chissà perché, studiavo da me.
“I diversi punti di vista prevedono anche scelte diverse nell’ambito di quelle tecniche narrative, tipiche del romanzo moderno, in cui l’analisi dell’interiorità del personaggio assume un’importanza preminente rispetto al racconto delle vicende esterne. Le tecniche narrative sono le scelte, sintattiche e compositive, che l’autore utilizza in relazione al suo progetto e alle sue intenzioni. Mediante esse il narratore dalla descrizione degli ambienti e delle vicende passa alla messa in scena di personaggi, facendoli vivere come fossero persone reali, con le loro parole e i loro pensieri. Le più consolidate tecniche sono:
1- Il discorso diretto: è un modo di comunicare che presuppone un personaggio- emittente e un personaggio-destinatario. Il narratore riferisce le parole del primo direttamente con l’uso dei due punti e delle virgolette, limitandosi ad introdurle con un verbo dichiarativo e, tutt’al più precisando il nome della persona a cui si rivolge;
2- Il discorso indiretto: è quello in cui il narratore riferisce i pensieri o il dialogo tra due personaggi indirettamente, facendoli cioè dipendere da un verbo dichiarativo,- come “dire”, “rispondere”, “pensare” e simili,- seguiti dalla congiunzione “che”;
3- Il discorso indiretto libero: si ha quando il narratore , facendo a meno dei verbi dichiarativi e del “che”, introduce indirettamente il pensiero e le riflessioni del personaggio. Questo discorso ricorre al mutamento dei tempi verbali, dei pronomi, degli avverbi, ed è sempre espresso in terza persona; conserva, però, il più possibile, le espressioni originarie del discorso.
Es. ‘ Voleva sapere chi gliel’avesse rotta! Possibile che si fosse rotta da sé? Qualcuno per forza doveva averla rotta, per infamità o per invidia. Ma quando? Ma come? Non si vedeva segno di violenza! Che fosse arrivata rotta dalla fabbrica? Ma ché! ’ ;
4- Il soliloquio: è la trascrizione diretta, da parte del narratore, delle parole che un personaggio dice fra sé, o anche rivolgendosi a interlocutori immaginari. Il soliloquio ha un’organizzazione logica, un’articolazione rispettosa delle norme sintattiche ed ortografiche e spesso è retoricamente elaborato.
Es. ‘ Non far caso dell’intimazione ribalda, né delle minacce, e fare il matrimonio, era un partito, che non volle neppur mettere in deliberazione. Confidare a Renzo l’occorrente, e cercar con lui qualche mezzo… Dio liberi!’ ;
5- Il monologo interiore: è una sorta di discorso indiretto libero spinto ad estreme conseguenze. Esso rappresenta una delle più importanti rivoluzioni nella storia del romanzo, dopo che la scoperta della psicanalisi ebbe orientato l’interesse del narratore verso le zone recondite dell’io, dilatandone enormemente il campo d’indagine. Consiste nella presentazione diretta, in prima persona, dei pensieri di un personaggio, senza alcuna mediazione della voce narrante. E’ basato sul concetto del pensiero come dialogo interiore, che assume la stessa formula linguistica del discorso orale.
Es. ‘ Il dottore al quale ne parlai mi disse d’iniziare il mio lavoro con un’analisi storica della mia propensione al fumo: – Scriva! Scriva! Vedrà come arriverà a vedersi intero.’ ;
6- Il flusso di coscienza: consiste nella presentazione di un pensiero alogico, non grammaticale ma associativo, attraverso cui si rivela lo stato più profondo dell’interiorità del personaggio. Il linguaggio non è strutturato secondo un’organizzazione sintattica, ma secondo principi psicologici. Di fronte a tale immediatezza il narratore si ritrae per non esprimere un qualsiasi giudizio.
Es. ‘ Oh, Signore poi era un freddo boia quell’inverno che avevo dieci anni o giù di lì sì avevo quella gran bambola con quei vestiti buffi addosso sempre a vestirla e svestirla’ .”