Un errore fatto in buona fede è sempre un errore. Certo, non c’era volontà di farlo, ma è stato fatto. Ed è questo che conta. Calvino, Pavese, Baricco, Murakami, Svevo, Benni, Garcia Marquez, Orwell, Bulgakov. Ripassavo a mente la lista incredibile dei maestri del mio corso. Nomi così facevano davvero girare la testa! Ce n’era un’altra, di testa, che non voleva star ferma, ma era per un altro motivo che girava…
Che fosse una chiamata, diciamo così, poco distesa si capì subito dal trillo nervoso del telefono. Fu il Generale Foglio Bianco ad alzare la cornetta. “Pronto”- lo anticipò una voce severa- “Sì, pronto, chi parla?” “Ma vi rendete conto?” “Di che cosa? Chi parla?” “Siete più maschilisti voi che un regista di film porno… non vi siete degnati di chiamare nemmeno una donna! Adesso per farvi perdonare come minimo dovete invitarmi a cena. E pagare, si capisce!”
Era Susanna Tamaro e a quel punto dovemmo ammetterlo: era anche una che aveva ragione. Un errore fatto in buona fede è sempre un errore. Certo, non c’era la volontà di farlo, ma bisogna pagare lo stesso! Quella sera venne anche il Generale. Gli toccava. Vi risparmio le cerimonie e le scuse che facemmo, a dir poco penose, come penosi furono il ristorante e le portate.
A banchetto finito non ci fu bisogno che facessi domande quella volta. Fu Susanna a parlare:
“L’analisi del personaggio è possibile affrontarla anche attraverso la ricerca di elementi costanti, cioè di ruoli fissi. Il narratologo francese Greimas ha costruito il modello attanziale che, con adattamenti vari, è oggi uno strumento assai diffuso nel settore di analisi letterarie. Greimas chiama attanti i ruoli, vale a dire le nude funzioni dei personaggi fondamentali, legate alla sfera degli atti, dell’agire. Quindi, mentre la parola- personaggio- implica, pur a diversi livelli di ricchezza interiore, lo spessore di un’individualità irripetibile, la parola- attante- designa il personaggio nella sua massima astrazione, come semplice elemento della catena narrativa. Si possono individuare come attanti:
– Il soggetto o protagonista è colui che agisce spinto dal desiderio o da un bisogno di ottenere qualche risultato;
– L’oggetto è il fine che il soggetto si propone di raggiungere;
– Il destinatore è colui che presenta l’oggetto come fulcro dell’azione;
– Il destinatario è colui che beneficia dell’impresa;
– L’aiutante è colui che ha il ruolo di assistere, favorire e aiutare il protagonista;
– L’oppositore o antagonista è colui che tenta di ostacolare l’azione del protagonista.
Nei Promessi Sposi, ad esempio, puoi notare, al centro- un oggetto- il matrimonio da celebrare, e due- soggetti- (Renzo e Lucia), i quali devono affrontare numerose difficoltà per raggiungere il loro scopo. Ci sono poi gli- aiutanti- fra Cristoforo ed il Cardinale, e – l’oppositore- don Rodrigo. L’Innominato passerà dal ruolo di oppositore a quello di aiutante sbilanciando la vicenda a favore di Renzo e Lucia che sono poi anche i- destinatari- ovviamente. Il destinatore è invece Dio.
E’ bene che tu sappia, comunque, che l’applicazione di questo schema non deve essere svolta in modo rigido, per evitare inutili stereotipi, perché per fare un esempio nei testi di narrativa moderna, dove si è verificata una caduta del personaggio, analoga a quella dell’intreccio, la riduzione dei fatti narrati a vantaggio dell’analisi dei conflitti interiori o degli scontri ideologici ha polverizzato i ruoli ben precisi dei personaggi.”
Beh, potete ben capire, era una sera in cui la squisitezza non stava nel cibo, ma nei discorsi.