Emilio aveva otto nove anni al massimo. Viveva in una grande casa, dai soffitti infiniti e milleuno stanze: una casa antica, gialla, sbiadita, dove tutto era troppo grande per chiunque. Di quelle milleuno stanze ce n’era una, una in particolare, cui a Emilio non era concesso entrare. Era il vecchio studio di suo padre, così gli avevano detto, ma lui non ci credeva. Una volta ebbe il coraggio di spiare dal buco della serratura e intravide qualcosa tipo spade, maschere e un milione di fogli. Spesso capitava che la porta restasse socchiusa ed Emilio, passando veloce, con la coda dell’occhio scorgeva una libreria rossa e niente più. Di notte sognava una camera rotonda fatta di treni, manichini, armi, teste d’orso e odore di legno; oppure un ripostiglio per tutti i giochi sequestrati, miniera d’oro di sorprese.
Un giorno rimase da solo, Emilio. La tentazione di entrare fu più pesante della maniglia sotto il palmo: non ci pensò abbastanza ed entrò. La delusione gli concesse giusto il tempo di pentirsi, quel fatale secondo in cui realizzò di non poter tornare indietro.
I sogni svanirono così come svanirono i pensieri. Rimase soltanto il ricordo di una stanza in cui dimenticò di essere stato.
(Photo by nerdontheinside)