Il web è una realtà surreale, ci offre di tutto e ci mette in contatto con chiunque, o quasi. Ci rende continuamente spettatori ma anche protagonisti, lascia la possibilità di scegliere il proprio ruolo, o di crearne uno lanciando un’idea che spesso può essere la più semplice e la più ovvia, l’importante è mettersi in gioco. Il web ha cambiato le modalità di fruizione delle notizie, dei messaggi, della musica, delle immagini e dei film. Ha praticamente rimpicciolito il mondo annullando le distanze.
I social network oggi sono il miglior mezzo di comunicazione, hanno cambiato il senso di tante parole di uso quotidiano e ne hanno inserite di nuove (condividi, retweetta, richiedi l’amicizia, diario, ecc).
Ebbene anche la letteratura inizia a evolversi sperimentando i nuovi mezzi virtuali per reinventarsi e riscoprirsi.
Quello di cui sto per parlare è un genere di pubblicazione che ricorda molto il romanzo d’appendice di metà ‘800, chiamato anche dal francese feuilleton. La parola indica una pagina di un libro, un foglio, ma nel caso delle riviste del XIX secolo indicava una sezione a piè pagina sulle quali si inserivano racconti a puntate che miravano ad aumentare le vendite della rivista. Era cosi che nascevano opere a puntate per il pubblico di massa.
Da pochi giorni il regista Steven Soderbergh sta sperimentando una tecnica narrativa non molto lontana da quella sopracitata. Sotto lo pseudonimo @Bitchuation Soderbergh ha iniziato a postare una serie di micro messaggi su Twitter, messaggi che, come molti di noi sanno, non possono superare il limite di 140 caratteri.
I tweet del regista statunitense mirano a creare quel senso d’attesa che una tempo incollava i lettori ottocenteschi ai giornali. Messaggio dopo messaggio si è delineato un giallo ad alta tensione intitolato “Glue” giunto oggi al suo undicesimo capitolo. La storia ha inizio con un personaggio che vive la sua esistenza senza rimanere nello stesso posto per più di una settimana, l’ambientazione sembra un hotel parigino. Nel primo brevissimo capitolo si parla di una donna e di poche battute scambiate con il protagonista, al quale nell’ultimo tweet arriva un messaggio da D.,i nomi dei personaggi restano appuntati, avvisa un incontro per le 20.00 con ristorante per le 21.30.
La vaghezza di cui sono costituiti i micro messaggi e l’insufficienza di informazioni spingono chi legge ad aspettarsi quel dettaglio in più, quella sfumatura che definisca la scena. Ed è la stessa immagine del profilo su Twitter a rafforzare questa idea: il volto di un uomo, indefinito nel buio,di lui si vedono solo gli occhiali e alcuni tratti del viso illuminati da una luce arancione.
I pezzi vengono rimontati dal lettore e consegnabili con il contagocce creando quasi una dipendenza, sembra di essere in una stanza buia nella quale qualcuno accende e spegne delle candele posizionate qua e là. Il lettore è colui che in realtà plasma la storia secondo la propria immaginazione, Soderbergh in realtà sembra lanciare solo piccoli input, crea uno scheletro al quale il lettore darà muscoli, pelle e lineamenti.
Personalmente credo che quello di Soderbergh sia solo un esperimento personale più che letterario, infatti il regista in questi giorni è impegnato a Cannes a presentare il film “Behind the Candelabra” al rinomato concorso cinematografico. Però chissà che non sia questa una nuova esperienza letteraria, e chissà che non produca qualcosa di grandioso un domani. Sarà comunque interessante seguire i prossimi tweet e gli sviluppi di questo curioso progetto.
Intanto ho preferito riassumere in maniera approssimativa il primo degli undici capitoli “tweettati” per chi fosse interessato è sufficiente aprire Twitter e continuare a leggere.