Photo by nerdontheinside
Vomita pensieri senza aprire bocca. E lui lo sa, non c’è bisogno di parlare.
Lo porta sempre con sé, quel copricapo; comodo cappello da mare. Bianco usato, vissuto. Con la tesa morbida, consumata giusto un po’.
Non c’è bufera che possa portarlo via da lui. Troppo necessario, troppo intimo. Attento, inquieto, morboso se costretto a separarvisi. Lo poggia da una parte e il suo occhio è sempre lì, su quel maledetto scaffale dove il cappello si riposa. E se anche non lo guarda, di sicuro già ci pensa. Si rode, gli manca, lo vuole. Si sente nudo, privato di un polmone, con un cuore buono solo per metà.
Il cappello è suo e nessuno può toccarlo. Deve sapere, vedere chi ha l’ardire di sfiorarlo. Non esistono ragioni e nemmeno complimenti: il cappello non si tocca. Ma se non vede, lui non crede. Si morde l’intestino, si mortifica il cervello, mentre il suo cappello è lì, distante qualche metro; assente, lontano dal suo capo, preda di una folla maligna e immaginaria che diventa ladra e padrona di ciò che più di tutto gli sta a cuore.
Scrigno di pensieri, custode del senno, guardiano di una vita che, inconsapevole, si porta dentro.