Così come coloro che disegnano e paesi si pongono bassi nel piano a considerare la natura de’ monti e de’ luoghi alti, e per considerare quella de’ bassi si pongono alti sopra e monti, similmente, a conoscere bene la natura de’ populi bisogna essere principe, e a conoscere bene quella de’ principi bisogna essere populare.
Era il 1513 quando Niccolò Machiavelli iniziò a scrivere quel trattato di dottrina politica che sarebbe diventato il vademecum della politica moderna, dando vita allo all’idea di scienza politica così come intesa oggi.
Ed è proprio quest’anno che l’opera del rinascimentale scrittore compie 500 anni: De Principatibus, meglio conosciuto come Il Principe.
Per l’occasione, sono molte le iniziative promosse da enti ed aziende volte a ricordare e celebrare opera ed autore: mostre, letture, spettacoli teatrali, convegni e approfondimenti. L’Italia tutta sarà coinvolta in un 2013 all’insegna della “machiavellica” opera letteraria; in particolare a Firenze, e nelle sue province, dove ci sarà una mostra, promossa dall’Archivio di Stato della città, in cui saranno esposti documenti che raccontano il periodo da Segretario della Repubblica del Machiavelli. L’Istituto dell’Enciclopedia Italiana Treccani ha inoltre dato vita ad un progetto esclusivo che inizierà con una mostra a Roma al Vittoriano, a partire dal mese di aprile, interamente dedicata all’autore e al successo de Il Principe, e che culminerà con la pubblicazione nel 2015 di una Enciclopedia Machiavelliana in due volumi di approfondimenti della vita dello storico fiorentino. E poi ancora borse di studio ad hoc, sfilate di genere, lectio magistralis e decine di iniziative editoriali.
Il Principe compie 5 secoli, eppure non li dimostra.
Ma come è cambiato in questi lunghi anni? Erroneamente sono in molti a ritenere la frase “il fine giustifica i mezzi” come appartenente a Il Principe, o allo stesso Machiavelli: infatti lo scrittore non solo non ha mai pronunciato queste parole ma, attraverso la lettura dei diversi saggi che compongono l’opera, è possibile interpretarne il vero significato che, palesemente, si discosta dall’idea di un uomo disposto a tutto per ottenere il potere. Ciò a cui infatti si auspica nei diversi saggi è la venuta di un governo, impersonato da un principe, quindi si parla principalmente di una monarchia, che possa ristabilire l’unità del paese e allontanare lo straniero invasore. Traslando questo concetto ad oggi, la speranza e il bisogno dell’Italia moderna quasi si ritrovano in quelli di 500 anni fa (straniero invasore a parte).
Come sottolinea Maurizio Viroli, professore di Teoria Politica all’Università di Princeton, ciò che manca all’Italia oggi è forse una coscienza civile capace di dare forma e vita ad un governo che rappresenti il popolo. La figura del principe altro non è che un’ipotesi che può permettere ad un paese di riformarsi per ritrovarsi, un principe idealizzato capace di annientare il nemico della pace (e dunque di qualsiasi tirannia) per poi raccogliere i pezzi di un paese alla deriva. Una deriva, oggi, causata da quelli che Machiavelli definisce i peggiori politici di sempre, gli adulatori, “delli quali le corti sono piene, perché gli uomini si compiacciono tanto delle cose lor proprie, e in modo vi si ingannano, che con difficoltà si difendono da questa peste”.
Un’analisi della politica, quella proposta dal Machiavelli, non così lontana dall’attuale situazione italiana (e non solo). Una scienza approfondita che dopo 5 secoli continua a diffondere pensieri di sbagliata sovranità assoluta, senza un contesto, storico e sociale, adeguato. Ben venga dunque un anno di approfondimenti dell’opera e dell’autore, magari si riuscirà a trarne quell’ispirazione giusta per tornare a guardare al potere nella prospettiva adatta.