De Roberto inizia la stesura de “L’imperio” nel 1891, ma il romanzo gli dà preoccupazioni, lo blocca e si ferma dopo cinque capitoli. Negli ultimi anni del secolo comincia la seconda fase di composizione; la critica si divide sulla questione del divario temporale: il protagonista, all’inizio del VI capitolo, parla di un periodo di dieci anni, ma si ritiene che possa anche essere un’espressione retorica. Scrivendo, De Roberto ha in mente la struttura del romanzo parlamentare, genere molto in voga nei primi anni del 900 soprattutto tra il pubblico femminile, per la componente sentimentale-sensuale. L’autore stesso definisce il suo lavoro come un “romanzo terribile sulla vita politica della nostra nazione che dovrà fare l’effetto di una bomba”.
La vicenda si snoda tra due protagonisti, profondamente diversi quanto fatalmente inseriti nello stesso corrotto meccanismo. Consalvo, già personaggio importante nel precedente I Vicerè, decide di entrare nel mondo della politica per ridare lustro alla sua antica famiglia nobile. Appare come paradigma del trasformismo, capace di cambiare partito da un momento all’altro basandosi sugli umori dell’opinione pubblica. Per Consalvo, la politica è uno strumento utile ad emergere. Un grande ostacolo è la sua ignoranza di fondo: non sa neanche scrivere un frase senza fare almeno un paio di errori grammaticali. Ma, perfettamente inserito nel sistema, pronto a stratagemmi e pianificazioni, impara in fretta e raggiunge stadi progressivi con l’obiettivo dell’autoaffermazione. Il momento che meglio esemplifica questo atteggiamento è il discorso che Consalvo pronuncia contro il socialismo: è ad ingresso gratuito, quindi chiunque può entrare ed ascoltare. Tuttavia, chi appartiene agli strati più bassi socialmente è costretto a restare in fondo, dove la visibilità è bassa. Inoltre, fin dall’inizio, l’oratore basa la struttura del suo discorso su battute colte e un’ironia molto sottile, che solo una classe elevata può comprendere: ciò facendo, gli strati più bassi sono invitati ma subdolamente esclusi dal discorso. È notevole la capacità di Consalvo di muovere l’opinione pubblica, ed è grande il lavoro che fa sulla realtà.
Dall’altro lato, Federico Ranaldi, giovane nobile, ma di famiglia solo benestante, non sa gestire in nessun modo la realtà. È dotato di una profonda tempra morale, ma crede in ideali utopistici che gli impediscono di vedere come stanno veramente le cose. È ingenuo, e ingenuamente si butta in politica, vedendo in Consalvo prima un modello, poi imparando a riconoscerlo come un prepotente, un altero, un falso, un ambizioso. Lentamente capisce che il trasformismo e le conversioni continue che ne conseguono “non la forza delle idee, ma quella degli interessi le produceva” .
Leggere L’imperio oggi, con un occhio critico e attento, fa pensare: il mondo di oggi sembra quello di cento anni fa, pare popolato dagli stessi personaggi, dalle stesse false passioni. Ma non penso che, per questo, bisogna diventare cinici senza scampo, ma fare piuttosto una riflessione più costruttiva: partiamo da dentro, da noi stessi, dalle piccole cose, per cercare di migliorare le cose.