Mentre scrivo intorno a me c’è la quiete, il silenzio, rotti solamente dal dolce rumore delle onde che si infrangono sugli scogli. Sto seduto su un muretto, taccuino alla mano, penna pronta a dare vita ai miei pensieri. C’è chi passeggia, chi corre, chi va in bici; giovani coppiette si scambiano tenere effusioni, complice il panorama su cui si affacciano. È l’imbrunire, il cielo ha vari colori contemporaneamente: varie sfumature d’azzurro che vanno a mescolarsi in un rosso che dapprima è acceso, poi pian piano sfuma per diventare roseo. L’odore della salsedine si fa spazio nelle mie narici, gli Hotel alle mie spalle incominciano ad accendere le luci che ne illuminano le facciate. Riabbraccio la città, gli amici, la famiglia… una toccata e fuga, l’indomani devo ripartire, con la convinzione che la parentesi lontana da Napoli si protrarrà nel tempo e non so quando terminerà, ma soprattutto non so se terminerà. Un cruccio che mi accompagnerà nel mio percorso di vita. Sto inseguendo il mio sogno e a Roma, ho trovato un gruppo di lavoro a dir poco delizioso.
Qualcuno mi dice che ho fatto bene ad andar via, “Tanto a Napoli non cambierà mai niente”, mi ripetono in molti. In un giorno qualsiasi, un venerdì come gli altri, acquisto un quotidiano partenopeo e leggo titoli che parlano di faide, di agguati camorristici, di tifosi svedesi feriti da delinquenti che si spacciano per tifosi della squadra calcistica della città, di un sindaco dell’hinterland napoletano costretto alle dimissioni per minacce subite dalla criminalità organizzata, di un’emergenza rifiuti che continua a preoccupare la giunta regionale. Nel frattempo si accendono le luci che di lì a poco illumineranno il lungomare. Alla mia destra c’è il Castel dell’Ovo con sopra una mezza luna che mi osserva. Fatti di cronaca che sembrano confermare che non ci sarà mai un cambiamento, fatti di cronaca che mi fanno star male, mi fanno letteralmente infuriare, fatti che infangano il nome di Napoli e chiunque si sente in dovere di proferire parola su una realtà avvolta dal mistero e dall’indifferenza. “Che tacciano”, penso. Chiudo per un attimo gli occhi gonfi di rabbia. Una lacrima mi bagna il volto e decido di non fermarla, lasciandola fare il proprio percorso naturale: dapprima attraversa la parte superiore della mia guancia, mi bagna la barba e infine termina con l’accarezzarmi il collo. Un sentimento di rabbia misto a impotenza mi assale. Tutto ciò che ho appreso dai giornali è capitato in un sol giorno, l’indomani verrà anche ucciso in un agguato di stampo camorristico un cugino di un calciatore di calcio di serie A.
E così ripenso a tutte quelle volte che ho letto simili notizie, a tutte quelle parole ricche di demagogia sulla rinascita di Napoli, a quante volte ho ascoltato le odiose espressioni “Napoli rialzati” o “Napoli messa in ginocchio” e temo che col passare degli anni possa diventare anche io un disilluso, stanco della realtà. Prevedere il futuro è impossibile, ma un inguaribile ottimista come me, non può che vederlo migliore.
Mi distolgo dai miei pensieri… “Si è fatto buio”, mi dico.
Sorrido. È la mia città, tra l’inferno e il cielo…