Mi sono sentita davvero in Italia quando sono uscita dall’aeroporto, diretta al trenino per Roma Termini.
C’erano volti e valigie da tutto il mondo, ma l’aria vecchia e rassicurante delle carrozze, e l’aspetto del controllore, mi hanno fatto capire che per qualche giorno sarò in un mondo diverso, senza tempo.
Alla stazione fa caldo, sembra di stare in un formicaio ficcato in un quadro pop di Warhol…! Ci sono così tanti negozi dove fare shopping, che quasi ti dimentichi che quello è un posto dove partire e arrivare!
C’è parecchia Polizia in giro, mi sento sicura. E poi gli italiani mi sembrano troppo occupati a pensare ai fatti loro.
Ho preso quest’hotel senza pretese, pulito. L’uomo alla reception è un tipico italiano del Sud, aperto, gentile, ha voglia di parlare.
Dopo una doccia e senza valigia esco e mi sento leggera. Fiuto l’aria calda e il cielo con le nuvole bianche come una volpe di fattoria.
Non riesco a non guardare i balconi e i piccioni, le auto rumorose e tutta quella gente al telefono, le decine di scooter che sfrecciano e i negozi di vestiti alternati a bar e pizzerie. Roma brulica di vita, e profuma di caffè e di pietra antica e polvere.
Mentre percorro Via Nazionale mi si avvicina un ragazzo: dice che vuole portarmi a Fontana di Trevi. Il posto di Fellini e Marcello! Dio, non riesco proprio a dirgli di no, e così sono su questo motorino veloce, avvinghiata a uno sconosciuto che si chiama Tony, bello con il viso scuro scuro e gli occhi verdi, magari inquietante, come tutti gli incontri nati dal niente, ma simpatico. Ha mantenuto la promessa, e mi ha anche offerto un cappuccino freddo. Ci ha provato, ma ho scosso la testa e così ha detto che stava scherzando.
Roma basta guardarla, ma non troppo. Perché distrarsi tra le colonne e gli affreschi può fare molto male.
Mi ero da poco tolta dai piedi Tony, che iniziava ad essere asfissiante con i suoi complimenti nel tentativo di programmarmi un’intera settimana romana, quando all’improvviso mi sono vista urtare.
Ho urlato di rabbia al primo, un brutto ceffo che puzzava di sudore e di birra, senza accorgermi del secondo tizio, quello che mi ha preso la borsa. Documenti, soldi e cellulare. Non tutto, ma una bella fetta di quello che avevo.
E così, oggi posso persino dare un’occhiata a un tipico commissariato italiano e al Consolato USA. Tutti molto gentili, ma se proprio devo dirlo, avrei voluto un inizio diverso.
Stasera niente cibo italiano, sono in un pub irlandese a mangiare un hamburger e delle patatine, così per farmi del male.
Rossella ‘O Hara diceva che Domani è un altro giorno. Beh, speriamo avesse ragione. Domani andrò ai Musei Vaticani. E al primo che mi avvicina, gli tiro una bella gomitata allo stomaco.
E poi carbonara… no, amatriciana! Ho deciso: entrambe. Domani, Roma, sarai davvero mia.