Lo dicono tutti. Le persone non leggono abbastanza. Quotidiani, riviste, libri. Nel calderone della lettura c’è di tutto. Eppure, nonostante la vasta scelta di settore, il timore o il rifiuto della lettura c’è. E così comincia la lagna italiana su quanto si legga poco e su quanto invece “faccia bene” leggere: beh, se lo dicono loro.
Adulti, bambini, adolescenti, anziani si spalmano lungo la filiera del mezzo cartaceo su diversi livelli, chi in modo continuativo e appassionato, chi invece con fare distaccato e disinteressato. Io, per fortuna, ho ben impressi nella memoria i ricordi di me, temeraria bimba di 8 anni che in edicola osava chiedere alla propria madre di comprarle un libro invece dell’album di figurine. Ma questi sono solo ricordi.
Oggi, purtroppo, i dati lo confermano, il numero di lettori italiani diminuisce ogni giorni di più, calano le vendite dei quotidiani, dei settimanali, dei libri, affannano invece, ma continuando a correre, le riviste di settore. Ma, non volendo ripetere una litania ormai conosciuta, c’è da guardare il fenomeno da un altro punto di vista, ovvero i cambiamenti nell’ampliamento di proposta dei diversi mezzi di comunicazione, e la sempre più vasta gamma di prodotti verso la quale l’utente si ritrova spesso in evidente difficoltà. Cambia dunque la fruizione, cambiano i contenuti. In una società liquida come la nostra non c’è più posto per lunghi passati tradizionali, ma per mutevoli equilibri momentanei. La velocità batte di gran lunga la comodità. I riti si perdono. I fenomeni sociali, quelli che accompagnano i cambiamenti politico-economici di una società vengono purtroppo sottovalutati e non presi in considerazione, nonostante siano un parametro fondamentale nell’analisi di dati che riguardano la collettività. Dunque le persone leggono meno, si. Perché cercano altro. Perché vedono altro.
La facilità di ricerca delle informazioni attraverso internet, la possibilità di creare da sé prodotti mediali; l’utente di oggi è un utente consapevole poiché, per assurdo, è un utente informato. Gli user generated contents sono ciò che più si avvicina alla lettura “contemporanea”. E così i grandi gruppi editoriali cominciano a mutare l’approccio al consumatore, presentandosi su piattaforme online, con contenuti immediati e di veloce fruizione, aprendosi a forum di discussione, a commenti, sfruttando i contenuti prodotti dagli stessi utenti. La parole d’ordine è dunque partecipazione.
C’è così un’esigenza di inclusione da parte dei media tradizionali nei confronti dei nuovi utenti; resta da decidere e delineare quali siano le nuove frontiere della comunicazione, se il World Wide Web sia l’unica proposta effettiva in grado di far fronte all’emergenza lettura. O il ritorno ad un passato non così lontano sia ancora fattibile.
Vecchi e nuovi lettori a confronto. Forse dovrebbe essere questo il punto di incontro in un momento delicato per il mondo editoriale. Cambiare rotta o asfaltare una via consunta? Analizzare a fondo i mutamenti per dare forma ad un nuovo mercato.
E, nel mentre, c’è chi continua a leggere, perché, nonostante i dati “allarmanti”, i quotidiani on line registrano centinaia di migliaia di accessi ogni giorno, nascono piccole realtà autoprodotte e autofinanziate, i libri (anche se in formato non cartaceo) arrivano nelle case anche dei più piccoli lettori.
E quindi basta gridare “al lupo” se neanche lo si conosce questo lupo!