Angelo Ambrogini, più semplicemente noto come il Poliziano (a causa del nome latino della città di origine, Montepulciano), ha segnato con un’impronta decisa la storia della letteratura italiana del XV secolo. In lui l’Umanesimo trova uno dei suoi più grandi protagonisti.
Scrittore sia latino che volgare, Poliziano ha dedicato la propria vita la culto della parola: una parola che si apre a mille possibilità espressive, ma che spesso diventa strumento di encomio per una sola famiglia di destinatari eccelsi: i Medici, politici e mecenati che hanno protetto, tra gli altri, anche il Poliziano; il quale, bisogna ammettere, non si è mai piegato ad una celebrazione meramente cortigiana dei suoi signori, cercando, invece, di scovare tra le storie e le favole l’allusione ad uno di quei casati (forse il più famoso) che hanno fatto grande la Firenze rinascimentale.
Le Stanze per la giostra – il cui titolo completo è Stanze de messer Angelo Politiano cominciate per la giostra del magnifico Giuliano di Pietro de Medici – costituiscono l’apice della poesia in volgare dell’intellettuale mediceo, che stende il poema in occasione della vittoria ottenuta dal fratello minore di Lorenzo, Giuliano, in una giostra militare tenutasi a Firenze nel 1475. L’opera, composta in ottave, viene iniziata dopo l’evento in questione, ma conosce una brusca interruzione, dovuta alla morte di Giuliano de’ Medici nella congiura dei Pazzi (aprile del 1478): le stanze, rimaste incompiute, vengono stampate nel 1494.
Il poema intende celebrare la famiglia di Lorenzo il Magnifico e la sua ricca Firenze attraverso un gioco di simboli che vede al centro della vicenda l’amore di Giuliano per Simonetta Cattaneo, sposa a marco Vespucci e morta nel 1476. Il dio Amore, per vendicarsi della scarsa considerazione di Giuliano nei confronti dei rapporti amorosi, lo fa incontrare con Simonetta, che turba l’animo del rampollo dei Medici, ribattezzato classicamente come Iulo. Amore si reca intanto a Cipro, nel regno della madre Venere, che vive in uno splendido giardino, descritto con grande dovizia di particolari dal poeta. Questo il contenuto del primo libro. Nel secondo, composto da sole 46 stanze (contro le 125 del precedente), si esalta esplicitamente la figura di Lorenzo, mentre Venere ordina che Iulo, per conquistare l’amore della donna che lo ha vinto, dia prova del proprio valore nelle armi. Ma un sogno preannuncia la morte di Simonetta…
Nelle Stanze per la giostra, il Poliziano si diletta nel raccontare una storia d’amore trasportata nel regno del mito, condita da rappresentazioni di grande forze scenica che hanno fatto dell’opera un simbolo della Firenze medicea: in essa si colgono quelle tendenze neoplatoniche tipiche dell’Umanesimo, che pongono in primo piano l’ascesi dell’anima verso la vita contemplativa, raggiungibile anche grazie all’esperienza sublimata dell’amore. Nell’opera si concentrano ideali filosofici e parola poetica, il tutto pervaso dall’immagine di una natura allo stato brado, ancora incontaminata, scenario perfetto per l’esperienza amorosa di Giuliano/Iulo: una natura ricca, rigogliosa, felice, eppur anche fragile e malinconica.
L’intento celebrativo, esplicito in alcuni passaggi nei quali si celebra l’operato di Giuliano e di tutta la famiglia dei Medici, trova la sua giustificazione nella circostanza che ha dato origine alla stesura del poema e nella concezione della poesia umanistica, mero esercizio d’arte, che senza problemi poteva prestare il fianco ad una signoria, un casato o una famiglia: e nell’esalatare la gloria di una delle più potenti famiglie della storia, Angelo Poliziano ci ha consegnato l’immagine di una società fiorentina circondata dall’alone del mito, in cui possono coesistere, come in un un sogno, virtus e potere, parola poetica e potere politico.