Le sepolture avvertivano scioccamente i pugni
Di terra, che straziavano l’inesprimibile decadenza
Della carne mischiata alla invettiva dei lumini e dello scricchiolio
Congelato dal segnale inumano del pittore delle bare…
L’irrequietezza del marasma che flagella
La pigmea cassa cranica del falegname delle bare lo trascina,
freddamente,
nella calura secca e appiccicosa del coperchio del
sito del Non- Ritorno…
Così la zagara delle preghiere senza mani,
così la rigidità e immobilità del defunto
che, emettendo boccoli di ossigeno,
gusta, voracemente, il martello che lo rinchiude,
finalmente,
nell’eterno odore di mogano…
Ecco…
Il soprano ammalia la serenità del mio cuore sigillato…
Non taglierò più le grida di chi non mi
Sapeva.
Amen