Un libro letto, una pagina stropicciata, un’emozione viva. Sono tutte vittorie. Una serranda abbassata, una lacrima nascosta, una storia dimenticata. Sono tutte sconfitte. Le hanno vissute entrambe, i piccoli librai che ormai si nascondono nei vicoletti delle nostre città; e se le vittorie non sono che un vago ricordo, le sconfitte rappresentano invece una realtà fin troppo presente.
Quasi non conto più il numero di notizie che ogni giorno arrivano grazie a quel vortice che è l’informazione, e che raccontano di un fenomeno che cresce velocemente: la chiusura delle librerie indipendenti in Italia. Cadono, come foglie secche di un albero malato.
L’ultima, tra le più celebri, ad essersi arresa è la storica “Libreria Guida Merliani” nella zona Vomero a Napoli, che dopo 40 anni ha dovuto fare i conti con i cambiamenti del mercato e una crisi sempre più insistente. A precederla sono state in tante, come la “Libreria Croce” a Roma o la “Libreria Porta Romana” a Milano.
A denunciare questo fenomeno sono gli stessi proprietari delle librerie, che accusano lo Stato di non aver creato delle leggi in linea con la nuova domanda e non aver dato loro la possibilità di ricreare un’offerta adeguata: “…basterebbe avere delle regole, come avviene in altri Paesi, con delle leggi in termine di sconto e di concorrenze e soprattutto farle rispettare”. Ma quello commerciale non è l’unico aspetto sottoposto a giudizio, in molti infatti analizzano la questione sotto un altro profilo, quello culturale: “Queste librerie devono essere considerate dei luoghi sacri e difesi per la loro funzione di scambio culturale”.
E se da un lato ci sono le proteste arrendevoli di una categoria in via d’estinzione che è quella dei librai, dall’altro ci sono i lettori ed i frequentatori di librerie che a loro volta si pongono in maniera partecipata nei confronti del problema. Ciò che ne emerge è innanzitutto un fruitore moderno attento al prezzo e dunque maggiormente orientato ad una scelta dettata da un’offerta vantaggiosa, variabile predominante della vendita online (vedi Amazon n.d.r.) e della grande distribuzione. Assolutamente lontani dalla questione sono, così, quelli che della lettura non ne fanno un lusso, ma un bene comune. Reperibilità, scelta e risparmio. Si tratta di un pubblico giovane perlopiù che, nativo dell’era digitale, è abituato alla velocità d’acquisto così come alla facilità. Cosa assai distante invece dai lettori “storici”, quelli che ancora preferiscono lo scaffale sotto casa e il consiglio del commesso, quelli che riescono a commuoversi alla vista di una saracinesca abbassata e del cartello vendesi.
A chi asserisce che le librerie siano un semplice canale distributivo, c’è chi risponde che queste non sono solo un luogo sacro in cui potersi riconoscere ma anche una possibilità concreta per piccoli editori ed emergenti scrittori. Un luogo dove poter creare un proprio mercato e farsi conoscere, una piccola nicchia che diventa un grande spazio aperto. Uno spazio che infastidisce i più grandi distributori, i quali hanno concentrato nei propri canali distributivi la maggior parte del mercato, eliminando così la concorrenza viva che dà respiro sia ai piccoli editori che ai piccoli librai. Li chiamano gruppi editoriali, e negli ultimi anni hanno ampliato il loro business attraverso un controllo quasi totale dell’intera filiera economica: produzione, distribuzione, vendita multicanale, commercializzazione e sponsorizzazione. Questi invece, li chiamano cartelli.
Calo d’interesse? Italiani miopi? Crisi economica? I veri cambiamenti non sempre nascono dal basso, quelli economici e politici li dettano le scelte di business, spesso più grandi del piccolo commerciante, e perlopiù lontane dall’esigenze del singolo. Dopotutto la cultura nel nostro paese ha sempre camminato con le proprie gambe, premurandosi di tenersi lontana da ogni forma di guadagno. Per cui questa non è una sconfitta della cultura, ma una vittoria dell’economia.
Una casa senza libreria è una casa senza dignità,
ha qualcosa della locanda,
è come una città senza librai,
un villaggio senza scuole,
una lettera senza ortografia.
(Edmondo De Amicis)