Stefano Sgambati, nato a Napoli nel 1980 ma trasferitosi a Roma nel 1987, è giornalista e autore di due libri, ‘Il Paese bello’ edito da Intermezzi e ‘I bar a Roma’, edito invece da Castelvecchi. Ha realizzato documentari per Rai Educational, attualmente si occupa di sport ed infine sta ultimando il suo prossimo lavoro che spera di pubblicare entro il prossimo anno.
Innanzitutto parliamo del mondo dell’editoria. “Sono fiducioso, – dice – è ovvio che nel nostro Paese ci sono effettive difficoltà. Tutti fanno libri ed il pubblico è confuso dal rumore di fondo, così diventa difficile fare scelte di qualità, come diventa difficile affermarsi per gli autori emergenti che vogliano realmente scrivere per vivere. Le case editrici a pagamento poi, contribuiscono a questa carenza di qualità. Il meccanismo è semplice, un giovane autore paga la casa editrice per farsi pubblicare la propria opera, quest’ultima così finisce nelle librerie e non sempre è di buona qualità. Ne consegue che la casa editrice intasca soldi e pertanto tralascia aspetti qualitativi prediligendo quelli quantitativi e il pubblico si ritrova in commercio libri che non sono certo pregevoli. Ma trovo che ci sia un fermento positivo tra i giovani autori, ce ne sono di bravi e sono convinto che alla lunga usciranno”.
Parliamo poi del suo lavoro d’esordio, ‘Il Paese Bello’. “Sono sette racconti, ognuno dei quali parla di una delle ‘dannazioni quotidiane’, ovvero l’abitudine, l’omosessualità, la dipendenza, la violenza, la corruzione, la disoccupazione e la religione. Sono argomenti che mi interessano molto perché sono tematiche che sono molto raccontabili”. Le cosiddette ‘sette dannazioni’ bisogna leggerle in tono provocatorio, l’autore tra l’altro, per alcuni racconti ha preso spunto dall’attualità, ricollegandosi ad episodi realmente avvenuti. “E’ il caso del racconto ‘Il non più giovane Holden’, fatto di cronaca accaduto in Sicilia, così come per un altro racconto ho ipotizzato cosa sarebbe potuto accadere se Eluana Englaro si fosse svegliata dal suo stato immaginando tutte le dichiarazioni che sarebbero seguite da parte degli alti funzionari del Governo nonché di quelli della Chiesa”. Sgambati ci parla anche della realtà di Intermezzi, casa editrice con la quale ha pubblicato il suo primo romanzo. “Si tratta di una realtà molto piccola che investe sui propri scrittori, tutti i più grandi autori hanno incominciato con i piccoli editori. Le case editrici più rinomate inoltre, vanno a cercare proprio in quelle più piccole, gli autori da poter affermare. Penso che la gente dovrebbe incuriosirsi ai piccoli marchi, si dovrebbe far capire che le piccole case editrici non sono sinonimo di scarsa qualità”.
Infine concludiamo disquisendo dell’ultimo libro scritto da Stefano Sgambati, ‘I bar a Roma’. “Ho fatto un giro per 120 bar di Roma, alcuni famosi altri meno, perché volevo raccontare realtà della capitale attraverso i bar. Da quelli del centro a quelli della periferia, in ognuno c’è uno spaccato della città”. Esilarante è l’aneddoto del proprietario di un bar che sta a via della Garbatella, il quale riceve continue telefonate dai fan della serie televisiva ‘I Cesaroni’, convinti che in quel bar ci sia spesso Claudio Amendola. Allora il proprietario goliardicamente passa agli interlocutori un cliente a caso il quale, reggendo il gioco, finge di essere l’attore in questione.