Gabriel Garcia Marquez, scrittore e giornalista colombiano, insignito, nel 1982, del Premio Nobel per la letteratura, parlando di Álvaro Mutis lo ha descritto come uno dei più grandi scrittori della nostra epoca.
Apprezzato in Spagna e in Sudamerica, Mutis non ha ancora ottenuto la giusta consacrazione in Italia e in Europa, nonostante i numerosi premi vinti in tutto il mondo.
Colombiano di nascita ed esule in Messico per cause di forza maggiore, autore di poesie e romanzi, è stato elogiato soprattutto per aver dato vita a un personaggio letterario di notevole spessore, Maqroll il Gabbiere.
A quest’ultimo Mutis ha dedicato alcuni romanzi come: ‘La Neve dell’Ammiraglio’, ‘Ilona arriva con la pioggia’ e ‘Un bel morir’.
Maqroll è un eterno viaggiatore, marinaio avventuriero e solitario, amante di raffinate letture e sempre pronto a schierarsi dalla parte dei più deboli. Un pensatore che riflette sul vuoto in cui vive l’uomo, catapultato in un mondo senza pietà; il suo peregrinare diviene metafora di un viaggio all’interno dell’inconscio, che tanto più si rivela quanto più si allontana dalle ingannevoli stabilità terrene.
Il viaggio e la solitudine divengono gli unici strumenti per ritrovare una realtà autentica, per avvicinarsi sempre più al senso di sé e degli altri e per afferrare un minimo di libertà e autenticità.
Prima di trovargli una giusta dimensione in prosa, Mutis partorì Maqroll in versi: la produzione poetica dello scrittore colombiano, infatti, precede i romanzi.
Octavio Paz lo ha definito un poeta della stirpe più rara in spagnolo: ricco senza ostentazione e senza spreco.
Nella raccolta Summa di Maqroll il gabbiere, troviamo, infatti, anticipate le pene, le delusioni e le riflessioni di questo curioso personaggio.
Alle “Imprese e tribolazioni di Maqroll il Gabbiere” è ispirata una delle canzoni più belle di Fabrizio De Andrè, “Smisurata preghiera”.
In un’intervista del 1996, alla domanda su come fosse arrivato a conoscere Mutis, Fabrizio rispose: “Per una di quelle gradevoli coincidenze che il destino, ogni tanto, si diverte a mettere in scena. Nel 1991 il mio amico Vittorio Bo mi regalò un romanzo, La neve dell’ammiraglio, che trovai semplicemente straordinario. Allora cominciai a divorare tutti gli altri suoi scritti, e quando arrivai alla raccolta di poesie Summa di Maqroll – il Gabbiere presi il coraggio a quattro mani: gli domandai se avesse nulla in contrario a che mi appropriassi di qualche pezzo pregiato della sua sterminata gioielleria, per incastonarlo in una canzone che avevo in mente. In questo modo è nata Smisurata preghiera, e devo confessare che mai parto fu tanto soddisfacente.”
Devo dire che il destino non poteva fare a Fabrizio – e a noi – regalo migliore. Smisurata preghiera è una canzone forte, un atto d’amore per le minoranze, per quelli che si sono messi in viaggio, come Maqroll, con la speranza di ritrovare nella solitudine un senso.
E’ un omaggio a tutti coloro che senza paura si muovono in direzione ostinata e contraria, cercando di allontanarsi dalla ‘maggioranza’, incline a coltivare meschinità e a recitare un rosario di ambizioni meschine, di millenarie paure, di inesauribili astuzie.
Il marinaio di Mutis prega ironicamente: Ricorda Signore che il tuo servo ha osservato pazientemente le leggi del branco. Non dimenticare il suo volto.
Faber decide di essere più diretto e recita: Ricorda Signore questi servi disobbedienti
alle leggi del branco, non dimenticare il loro volto che dopo tanto sbandare è appena giusto che la fortuna li aiuti.
A cosa serve, quindi, allontanarsi dal branco? Perché scegliere di muoversi tra il vomito dei respinti?
Alla fine di questo breve viaggio che è la vita, tutti siamo messi di fronte a ciò che abbiamo fatto e non fatto. Chi vive per altro e non per sé avrà inevitabilmente fallito; è difficile trovare la propria voce, ancora più difficile quando una “maggioranza” di persone cerca di scegliere al tuo posto. Tutti coloro che vogliono farne parte pagano un prezzo altissimo: la perdita di sé, l’impossibilità di viversi.
Maqroll ha scelto la sofferenza della solitudine, la speciale disperazione dei respinti, perché, giunto alla meta, aprendo le mani, potrà mostrare alla morte il frutto della sua vita, ossia una goccia di splendore, di umanità, di VERITA’.