”Il vino mi inganna? Affatto, mia cara.
Vedo attraverso il suo colore sanguigno,
lo scorrere delle mie emozioni che danno fiato alle mie arterie,
quando lo bevo, quando lo assaporo,
quando sfiora fluido e leggero
i meandri della mia gola senza suoni e senza più voce.”
Quella sera, la sera della prima, ero sola, divisa a metà tra la solitudine e il panico ho letto per la prima volta i versi che il nonno mi aveva dedicato prima di morire. Era un poeta e quando scriveva, volentieri si faceva accompagnare da un buon vino rosso.
Con la voce che tremava, ho iniziato a ripeterli nella toilette della sala di attesa davanti allo specchio. Una donna mi ha guardato con un’espressione preoccupata. Effettivamente sul mio volto erano ben visibili i segni di una certa apprensione: dalla punta dei piedi arrivava al volto, letteralmente bianco. Il terrore si stava prendendo gioco di me divertendosi a darmi calci tra il diaframma e lo stomaco, sembrava che una sorta di bomba a orologeria posta vicino al cuore mi stesse avvertendo che le prossime ore potevano essere le ultime. Ecco perché con me avevo il mio testamento, qualcosa mi diceva che quella sera, la sera della prima sarebbe arrivata la mia fine. Eppure la vita degli altri proseguiva il suo corso: la sala di attesa si stava riempiendo a dismisura di gente dall’aria per nulla preoccupata. Quanto avrei voluto avere la stessa incoscienza!
Stavo quasi per accasciarmi quando una scia in divisa bianco-nera è passata davanti ai miei occhi. Stordita l’ho seguita e mi sono ritrovata al tavolino di un bar. Quella scia, in realtà, da vicino non era altro che un barista. Nonostante il rumore dei colpi bassi sul mio diaframma sono riuscita a sentire la mia voce che gli diceva: – Il vino mi inganna? Affatto, mia cara. Vedo attraverso il suo colore sanguigno.
-Sì, signorina, subito le porto un vino rosso. Quale preferisce?
– Un vino fluido, leggero e sanguigno!
-Bene. Arrivo fra un attimo.
La bottiglia è arrivata su un vassoio di argento, sembrava un santo in processione. Con un solo colpo di cavatappi il profumo del vino si è addensato nell’aria. Al primo sorso il rombo di motore che stava vibrando nell’aria era già un ricordo; ho visto il cielo oltre le vetrate riempirsi di aquiloni danzanti, bianchi. Al sorso successivo ho chiuso gli occhi e ho sentito, finalmente, una carezza sul mio stomaco. Al terzo sorso sono finita nel fondo del bicchiere la mia terribile paura della sera della prima, la sera della prima volta che avrei preso l’aereo. Ormai il momento della partenza stava per arrivare.
Ho salutato il barista alzando il calice. Ho strappato il testamento che avevo con me e ho percorso il corridoio per imbarcarmi; non sentivo più la bomba ad orologeria vicina al cuore. Quando sono salita ho ripetuto sorridente i versi di mio nonno alla hostess e ho aggiunto: Sa, ho poteri magici, prevedo che sarà un viaggio leggero, denso e fluido di emozioni.
-Certamente, ha risposto.
E durante il volo l’ho vista sorseggiare con la testa appoggiata all’oblò un bicchiere di vino rosso.