Il pallone sulla riva trema.
Chiamo, con le mani a imbuto intorno alla bocca, i ragazzi della mia squadra. Spuntano da dietro una duna di fango e sabbia. Oggi giochiamo in cinque: Genesio in porta, io e il Riccetto in avanti, Marcello e il Lenzetta in difesa. Gli avversari, di spalle al mare, sono pronti a ferirci.
Arriva un fischio. Inizia la partita.
Il Riccetto insegue il pallone come se inseguisse l’incerto della sua esistenza. Io corro come sempre, mi chiamano lo “Stukas” perché non mi fermo mai. Quando il pallone mi arriva sul collo del piede tiro, ma la porta avversaria sembra il Paradiso: inespugnabile.
Continuiamo a giocare. Ora Riccetto, con il pallone tra i piedi, sembra scrivere una poesia su questa sabbia fangosa. Marcello continua i suoi versi, ma il pallone, traditore, si vende all’avversario.
Genesio è davanti alla porta. Ha paura. Il portiere della squadra perdente dovrà immergersi in questo mare d’inverno, freddo e nero. E Genesio non sa nuotare.
Finalmente il pallone è sotto di me, supero gli avversari, lo passo a Riccetto che lo prende e tira forte in porta.
È goal ! 1 a 0.
Ci abbracciamo. Ma un fischio sprezzante condanna la nostra felicità.
Risale al cuore l’emozione. Sudiamo, corriamo, attacchiamo, ci difendiamo. Adesso il pallone è di Riccetto. Ma un corpo, inesorabile, lo ruba e con un destro punta la nostra porta: 1 a 1.
Genesio piange.
Manca poco alla fine della partita. Vogliamo continuare a combattere; ma la palla decide di abbandonarci e arriva l’ineluttabile a sconfiggerci, con un dribbling: 2 a 1.
È la fine.
Genesio, troppo dignitoso per negarsi alla sua sorte, è già in acqua. Sembra una rondine che sbatte le ali. Grida aiuto, forse annega. Gli avversari ci ordinano di non aiutarlo.
Ma noi non possiamo lasciar morire quella rondine. E sfidiamo il mare, il freddo e il loro disprezzo.
Tutti insieme nuotiamo verso Genesio. Ed ecco, finalmente, le mani del nostro portiere tra le mani di Riccetto e poi di Lenzetta e di Marcello. Le sue ali, come in volo, tra la porta dei nostri torsi.
È salvo.
Domani ci aspetta la rivincita. Forse un altro goal.
N.d.A. Pier Paolo Pasolini amava il calcio. Da ragazzino passava i pomeriggi a giocare a pallone e i suoi amici lo chiamavano Stukas .