Quando lui e la sua famiglia si trasferirono nel quartiere avevo sei anni, era di poco più grande di me. Passavo tanto tempo a guardarlo con i gomiti appoggiati al davanzale, era bellissimo ma non l’avrei mai detto ad alta voce. Io stavo al sesto piano, lui al quarto del palazzo di fronte al mio, edifici in cemento armato, schiaffi architettonici dai colori freddi, orrende case popolari. Noi ragazzini del quartiere stavamo solo tra noi, ci sentivamo un marchio stampato in fronte: poveri. Giocavamo in cortile, un supersantos ogni tanto, pietre, mani e piedi erano tutto quello che avevamo per passare i pomeriggi dopo scuola. Credo ci picchiassimo spesso per noia, portavamo poi le cicatrici come medaglie. Ancora oggi se mi guardo allo specchio vedo un segno a forma di stella, punti messi male, sulla mia tempia destra.
Lui provò qualche volta a venire giù con noi, i suoi capelli biondi e sottili, i suoi occhi azzurri, i suoi denti bianchissimi e la sua bocca a cuore però parevano sfidare gli altri. Lo aggredivano, lo spintonavano, lo usavano come bersaglio per gli sputi. Sembrava un angelo senza sesso ed io avrei tanto voluto difenderlo, urlare a tutti di smetterla ma non ne ebbi mai il coraggio. Avevo paura, non che mi colpissero, sapevo oramai difendermi benissimo, ma che mi isolassero, che mi lasciassero da solo a riempire quegli infernali pomeriggi di miseria. Ovviamente smise di provare ad avere degli amici e io potevo solo continuare a guardarlo da quella maledetta finestra. Sua madre però non si rassegnava a quel figlio diverso, soffriva per la solitudine che, anche se so che è impossibile, gli aveva reso gli occhi tristi ancora più azzurri, anno dopo anno. Un giorno lei invitò Pietro a casa da loro, le pareva il più mingherlino, forse avrebbe potuto fare compagnia a quel ragazzino così fragile che le era toccato mettere al mondo, io morivo di curiosità. Li guardai, sarebbe meglio forse dire che li spiai. Erano seduti sul letto di Mattia, era questo il nome di quell’angelo, non parlavano immobili e spaesati, vedevo le loro bocche serrate ed i loro visi imbarazzati, poi Pietro d’un tratto afferrò la nuca di Mattia e cercò di spingere la sua testa, la sua bocca, sui suoi calzoni, con una tale foga che non trattenni un grido. Mattia si alzò di scatto e rimase al centro della stanza, Pietro gli diede un pugno e scappò via. Circolavano da tempo delle voci nel cortile, quello fu il colpo di grazia. Pietro raccontò che Mattia lo aveva baciato supplicandolo di fare l’amore, come un frocio diceva, ed allora lui l’aveva colpito. Non ebbi mai il coraggio di dire la verità, fu così che per il mio angelo cominciò l’inferno. I ragazzi, Pietro in testa, cantavano cori sotto la sua finestra, gli mettevano biglietti osceni sotto la porta, e ogni volta che per necessità passava davanti a loro lo massacravano di botte. Un giorno mentre era a terra per i pugni ed i calci ricevuti gli urinarono addosso, tutti insieme, vorrei dire che non c’ero, invece ero lì, con loro, ad umiliarlo.
Una sera come centinaia prima di quella ero alla solita finestra, Mattia per la prima volta in tanti anni guardò in alto, verso di me credetti, ma forse guardava solo il cielo. Saltò giù, volava il mio angelo. Non ricordo d’aver sentito il tonfo, eppure deve esserci stato, ma io non lo sentii. Aveva sedici anni e li avrebbe avuti per sempre.
Non ne parlammo mai, sapevamo che se solo uno di noi avesse pronunciato il suo nome avremmo dovuto ammettere d’averlo ammazzato, insieme, Pietro in testa ed io in coda, comunque tutti. Smettemmo di frequentarci un po’ alla volta, quando finalmente ci trasferimmo non li vidi mai più.
Non penso quasi mai a loro, a lui, solo qualche volta mentre mi rado e vedo la cicatrice a stella il ricordo mi travolge: la miseria, le case, il cortile, il mio angelo. È un attimo, posso concedere a tutto questo solo un attimo, il tempo di sciacquarmi dal viso la schiuma da barba, spegnere la luce in bagno ed affacciarmi alla finestra del mio nuovo appartamento, lontano da lì.
È strano, certe volte mi pare ancora di vederlo affacciato, anche adesso che dalla mia finestra si vede il mare.