“Ho preso tutto, devo solo chiudere la valigia, mia moglie ha stirato troppe camicie, ma non voglio si dispiaccia e quindi le porterò. Passaporto e documenti, il biglietto devo prendere il biglietto, piove. Non mi piace volare quando piove. Le scarpe mi stanno strette, non vedo l’ora di mettere gli infradito. È tardi ed io sono eccitato, davvero eccitato, vado a caccia. Il soprabito ed un bacio ai bambini, poi finalmente pace. Mi avvicino a Marco e Luisa, 9 e 5 anni, per baciarli sulla fronte, un bacino caldo che è la promessa del ritorno. Il momento più difficile. Ho paura che la fronte dei miei bambini prenda fuoco, che la fiamma si propaghi, che gli mangi la carne. Ho paura di vederli sciogliere. Mi faccio forza, li devo salutare. Che papà sarei se me ne andassi senza un gesto carezzevole, che possa rimanergli incollato sulla pelle durante la mia assenza? Eppure li vedo inceneriti, mucchietti di polvere a terra. Marco mi guarda con gli occhi dolci, lo so che vorrebbe dirmi di non andare, ma gliel’ho spiegato tante di quelle volte. Non voglio dire di nuovo le stesse cose, che lavoro tanto, che ho bisogno di rilassarmi, che della caccia non posso fare a meno. Mia moglie l’ha capito, non ho dovuto spiegarle niente, mi accetta così. Ora devo davvero andare, li bacerò e basta. Il mio alito è caldo lo sento, la lingua bollente, li ustionerò e sulle mie labbra rimarranno attaccati loro lembi di pelle. Ma lo devo fare………….Non è successo, nemmeno stavolta, i bambini mi guardano sorridenti, sono vivi e sani. Devo andare.”
“Decollo, e sono felice e mi vergogno, lo so che quel che faccio non è proprio bello. Non riesco a non farlo però, mia moglie lo sa. Mi accetta lei, mica vuol cambiarmi. Qualche volta piange, lo capisco ma io sono la caccia, devo andare a caccia, lei questo lo sa. Ho i pensieri confusi, meglio dormire.”
“Che bello il Venezuela, siamo in tanti, io oramai li riconosco a colpo d’occhio quelli come me. Salgono sull’aereo a capo chino, come se il mondo finisse sulla punta delle loro scarpe. Qui è tutta un’altra storia, testa alta, che la caccia abbia inizio. Prima una doccia, mi faccio bello, scarpe chiuse non voglio rivedervi fino al ceck-in. Sono giulivo, quando mai a Torino potrei usare una parola come questa. In Venezuela sono giulivo. Chiamo o non chiamo a casa? Ma si chiamo, poi so che non ne avrò più voglia, mi tolgo il pensiero. Tra un po’ però, ora voglio ancora passeggiare, guardare, mirare. Sono pronto, sparo, a telefonare ci penserò poi. Che poi in colpa, che parola grossa. Ho fatto vedere le foto delle prede a Sergio, la prima volta pensavo si sarebbe impressionato, invece le ha guardate. Certo m’ha detto che non mi capisce, che sono fatti miei, nulla più di questo però. Claudio non ha volute vederle ma lo so che era curioso, lo conosco da tanti anni e quando inarca il sopracciglio lo so che vuol sapere. Quindi che sarà mai, e poi pure loro ci guadagnano. Sul marciapiede di fronte, mi guarda e sorride, che carino. Ha occhi grandi e scuri, un viso piccolo, capelli corti, si vede che mi vuole. Mi avvicino e gli faccio vedere le banconote che ho già pronte e di sicuro si limiterà ad annuire. Queste piccole bestiole sono tutte così, sono bambini certo mica dico di no, ma è un do ut des, domani grazie a me mangerà. Dovrebbero ringraziarmi al telegiornale, invece di dire tante sciocchezze. Io sarò felice e questa scimmietta di 7 anni o poco più mangerà. Lo prendo per mano, ci avviamo, vedo l’immagine buffa nella testa di me che lo tengo per il guinzaglio. Che male c’è, mia moglie, Sergio e Claudio lo sanno. Siamo arrivati in camera mia, lui entra ed io chiudo la porta.”
“ Ho la mia preda, la bestiola e lui si lo brucerò, la mia lingua è di nuovo rovente, gli brucerò l’anima”
Secondo le stime dell’ Ecpat (End Child Prostitution, Pornography And Trafficking) i minori sfruttati sessualmente nel mondo sono 2,5 milioni. Il 40% non ha ancora compiuto 12 anni. Gli esseri che con le loro azioni violano per sempre corpo e anima di quegli innocenti sono colpevoli tanto quanto chi è a conoscenza delle loro azioni, si tratti del proprio figlio o di un bambino che vive oltreoceano. Chi chiude gli occhi è complice del mostro. Sempre.