Lo scorso 26 ottobre si è celebrata ad Assisi ‘La giornata per la pace e la giustizia nel mondo’. Obiettivo prefissato dal coordinatore della Tavola della pace, Flavio Lotti, è stato quello di un’ “Occasione di riflessione per tutti, credenti e non credenti, persone e istituzioni, forze politiche e associazioni. Ad un mese dalla Marcia Perugia-Assisi, (tenutasi il 25 settembre 2011 in occasione del 50° anniversario, ndr) che ha visto la partecipazione straordinaria di oltre duecentomila persone, essa ripropone un obiettivo e un metodo. L’obiettivo è la pace e la giustizia, il metodo è quello del cammino, dell’incontro e del dialogo”. Sempre come ha dichiarato lo stesso Lotti. “Viviamo in un tempo in cui pace e giustizia sono state cancellate dall’agenda della politica e dei governi. Chi si pone ancora oggi questi obiettivi? Chi definisce il suo programma politico in base a questi obiettivi? Quali agende politiche gli danno il rilievo che meritano? In un mondo dominato dal pragmatismo e dall’utilitarismo o, se si preferisce, dal pragmatismo utilitario, gli obiettivi della pace e della giustizia vengono tutt’al più considerati come grandi ideali irraggiungibili e quindi non perseguibili. Non è un caso – ha concluso il coordinatore della Tavola della pace in una sua intervista – se chi opera o manifesta per la pace e la giustizia, viene a buon cuore definito ‘idealista’, ovvero uno che insegue dei sogni e non vuole fare i conti con la realtà”.
Quest’ultima considerazione mi ha fatto riflettere molto. In effetti attualmente, presi dal tran tran quotidiano, dagli stress giornalieri e dagli impegni lavorativi, non ci si sofferma più su alcune tematiche che ci sembrano così lontane. Eppure, noi stessi ci commuoviamo quando ci trasmettono in tv scene di guerre fratricide o magari quando vediamo nelle prime pagine dei giornali bambini soldato immortalati in bella vista. Quando poi muore qualche soldato italiano nelle cosiddette ‘missioni di pace’, ci ricordiamo che forse questa benedetta pace è bene che sia una realtà piuttosto che un ideale da raggiungere. Però poi, presi di nuovo dalle nostre attività, il giorno dopo la notizia che per un attimo ci ha scosso, ritorniamo a buttarci a capofitto nelle nostre frenesie.
Ritornando poi alla marcia del 25 settembre scorso, c’è da aggiungere che è stato stilato anche un documento dove si propone di “garantire a tutti il diritto al cibo e all’acqua; promuovere un lavoro dignitoso per tutti; investire sui giovani, sull’educazione e la cultura; disarmare la finanza e costruire un’economia di giustizia; ripudiare la guerra, tagliare le spese militari; difendere i beni comuni e il pianeta; promuovere il diritto a un’informazione libera e pluralista; fare dell’Onu la casa comune dell’umanità; investire sulla società civile e sullo sviluppo della democrazia partecipativa; costruire società aperte e inclusive”. Utopie queste o magari spunti di riflessione per i governi delle varie Nazioni?
Se per Baruch Spinoza “la pace non è assenza di guerra: è una virtù, uno stato d’animo, una disposizione alla benevolenza, alla fiducia, alla giustizia”, per Hermann Hesse “la pace non è una paradisiaca condizione originaria, né una forma di convivenza regolata dal compromesso. La pace è qualcosa che non conosciamo, che soltanto cerchiamo e immaginiamo. La pace è un ideale”. E’ triste pensare che la pace sia solo un ideale, ma c’è da dire che realizzare alcuni concetti, alcune proposte sembra davvero una chimera. Alla fine bisogna fare per forza i conti con la realtà ma non bisogna nemmeno arrendersi ad essa. Dunque come uscirne? “La vera scelta non è tra non violenza e violenza, ma tra non violenza e non esistenza… Se non riusciremo a vivere come fratelli moriremo tutti come stolti”, sosteneva Martin Luther King, e io, in tutta sincerità, non ho nessuna voglia di terminare la mia esistenza come uno stolto.