Nelle ultime settimane articoli di giornali e servizi della televisione si sono nuovamente occupati del problema irrisolto della raccolta dell’immondizia a Napoli e provincia, e come molti immagineranno, la situazione attuale in cui versa il capoluogo campano e molte città della sua provincia è solo la punta dell’iceberg. Ma come si è arrivati a tutto questo? Cercherò di spiegarvelo riassumendo le prime 65 pagine del libro ‘Ecoballe’ scritto dall’urbanista Paolo Rabitti nel 2008.
Per l’incipit dobbiamo andare un po’ indietro nel tempo arrivando al 1998 quando, il 31 marzo di quell’anno, l’attuale presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, allora ministro dell’Interno, con ordinanza n. 2774, dà vita al progetto di realizzare una moderna filiera di rifiuti, disponendo l’inizio della raccolta differenziata con l’obiettivo di arrivare nel 2000 al 35%, riducendo in tal modo i rifiuti solidi urbani (RSU). Già nel 1997, era entrato in vigore il Decreto legislativo 22/97, famoso come Decreto Ronchi, che fissava gli obiettivi minimi per la raccolta differenziata: entro il 31 luglio del ’97 bisognava arrivare al 10% con il recupero, reimpiego e riciclaggio degli imballaggi secondari e terziari; entro il 31 dicembre dello stesso anno si doveva giungere al 25% con la raccolta multimateriale secca di vetro, lattine, metallo, carte e plastica; infine, nel 31 dicembre 1999, bisognava arrivare al 35% con una raccolta differenziata anche dell’umido. Da sottolineare che in data 11 febbraio 1994, viene proclamato lo stato di emergenza rifiuti nella Regione Campania. Tornando al ’98, compito di Rastrelli, allora presidente della Regione, nominato commissario delegato dell’emergenza rifiuti, è quello di effettuare, entro i quattro mesi successivi, la gara d’appalto relativa alla gestione per un decennio dei RSU prodotti nella Regione. Prerogativa per partecipare all’appalto, era l’impegno delle ditte partecipanti a realizzare entro il 1998 gli impianti per la produzione di combustibile derivato da rifiuti (CDR), e entro il 2000, a realizzare gli inceneritori per bruciarlo producendo energia. Il bando di gara viene pubblicato il 12 giugno 1998 e la lettera d’invito alla gara d’appalto è del successivo 5 agosto. I decreti commissariali nn. 58 e 59 del 12 giugno che approvano il bando di gara, il capitolato d’oneri e la lettera d’invito cambiano l’impostazione originaria che era volta a favorire la differenziata. Inoltre il bando e la lettera d’invito relativi alla provincia di Napoli, chiedono referenze solo per quanto concerne l’impianto di incenerimento e alla produzione di energia e non si richiede invece qualcosa per ciò che riguarda l’esperienza necessaria per gestire i tre impianti dedicati alla produzione di CDR.
Il 7 dicembre del ’98 vengono aperte le buste con le offerte: l’Associazione temporanea d’imprese (Ati) Kawasaki-Termomeccanica non effettua più l’offerta in quanto sostiene che la gara fosse stata viziata da irregolarità formali e sostanziali. Così rimangono in gara due Ati, una capeggiata da Fisia Italimpianti, e l’altra dalla Forster Wheeler. Nonostante l’offerta di quest’ultima fosse stata apprezzata dalla Commissione giudicatrice dell’appalto presieduta dal prof. Raimondo Pasquino, alla fine vincerà Fisia-Impregilo, una società che aveva partecipato alla gara d’appalto sapendo già di non poter rispettare le prerogative necessarie, e che nel progetto non aveva specificato la composizione del CDR in uscita, che aveva dichiarato una produzione di compost stabilizzato di circa il 35% cosicché la frazione organica dei rifiuti non sarebbe arrivata al 35%, e pertanto la commissione aveva sottolineato che nel compost ci sarebbero finiti anche inerti, vetro e materiale non classificabile merceologicamente.
Ma c’è un altro elemento da aggiungere al caso. Il 13 ottobre 1998, Giuseppe Zadra, direttore generale dell’Associazione Bancaria Italiana, solleva delle problematiche al commissario delegato Rastrelli, circa il finanziamento degli impianti da realizzarsi nella regione in relazione alle prescrizioni del bando di gara e al capitolato d’oneri. E pertanto Zadra scrive che bisogna prevedere una quantità minima di rifiuti conferiti secondo il ‘deliver or pay’, meccanismo secondo il quale nel caso in cui i Comuni non avessero conferito la quantità minima di rifiuti fissata, sarebbero stati obbligati a pagare anche per la quantità di rifiuti non apportata. Quindi più un Comune limitava i rifiuti con la differenziata, più avrebbe pagato. Inoltre una clausola dell’Abi era quella di legare la tariffa per lo smaltimento dei rifiuti alla loro capacità di produrre calore. Rastrelli risponderà a Zadra il successivo 24 ottobre che le condizioni non si sarebbero potute modificare in quanto la gara d’appalto era in corso, ma alla fine di quest’ultima sarebbe stato possibile prendere in esame le sue considerazioni. Ovviamente non era possibile fare accordi dopo, perché in tal caso si sarebbero modificate le condizioni alla fine della gara. Ma Rastrelli si dimetterà dal suo incarico proprio poco dopo la fine della gara d’appalto.
Essa, cito testualmente le parole del libro, è “il seme di questo disastro. La commissione di gara premia un progetto impossibile, che non prevede discariche, in base ad un’offerta economica insostenibile. Insostenibile a meno che non siano demolite le prescrizioni del bando di gara e del capitolato d’oneri. Fisia-Impregilo vince la gara grazie ad un’offerta condizionata alla positiva soluzione dei problemi posti dall’Abi, in evidente contrasto con la dichiarazione di impegno e con l’espressa accettazione di tutte le clausole e previsioni del capitolato”. Ci sarebbe ancora molto da scrivere, pertanto concludo consigliando la lettura del libro ‘Ecoballe’ a tutti coloro che volessero avere ulteriori informazioni su tale scempio.