Lidia Ravera in Nessuno al suo posto racconta una famiglia alla deriva, il cui epicentro diventa il quattordicenne Rocco, un adolescente intelligente e polemico nella sua ironia senza filtri. Rocco tenta di restare in piedi, tra uno sballottamento e l’altro, e non risparmia niente e nessuno nella sua febbrile invettiva contro il mondo. Se di adolescente si vuole parlare, non è sicuramente tra i più tipici e il suo backgroung familiare complica le cose: il padre è appena morto, forse suicidia, e si ritrova ad essere trasportato come un peso morto tra Torino e gli Stati Uniti, dove viene mandato dalla madre. Questa è quasi una sconosciuta per lui, e la sua assenza perenne non aiuta i loro rapporti a distendersi e il soggiorno di Rocco nella grande villa della madre diventa un incubo insopportabile.
Rocco si fa portavoce di diverse critiche, non solo rivolte alla sua città, Torino, ma anche ad un sistema che avvolge completamente la sua esistenza fin dalla sua nascita. Legato alle idee politiche del padre, non sopporta né l’altezzosità né i modi affettati della nonna e della ricca famiglia materna. Lui è vissuto a Roma per quasi tutta la sua breve vita, in un appartamento stretto tra i vicoletti, con qualche sorpresa pronta dietro l’angolo. Non è intenzionato a restare nella tetra Torino, né tantomento a raggiungere la madre negli Stati Uniti: ma è proprio questa sorte che gli tocca, e Rocco si ritrova a vivere una nuova vita nel paese che forse odia di più al mondo, con una madre che non è mai stata madre. E poi c’è Lei, con una maiuscola non a caso, la compagna del padre, sua matrigna e unica persona con cui voglia veramente vivere.
Torino in tutto il suo splendore-classista, Torino geometrica, pulitina, invasa da un solicello pesante, l’aria bassina, la nebbiolina estiva, asfalto che trasuda. Torino la prevedibile: poiché la fabbrica non ha ancora chiuso per ferie, vivacchia nelle periferie un’umanità fiacchina, mistomeridionale, una generazione di nati qui lavoranti lì, in attesa di cassintegrazione, che siccome è sabato adesso si riversano sui Grandi Magazzini a comprarsi le mutande da bagno paghi tre prendi due e la prossima settumana partono tutti in processione per spiagge sconvolte dalle natiche. Torino pettinata, divisa in due da discriminature nette, i poveri al di qua, i ricchi al di là.
Nella noia statunitense Rocco trova una scusa, un aggancio alla vita vera, un espediente per scappare, almeno momentaneamente, dalla vita che gli sta stretta: una ragazza. Così si ritrova prima nel deserto e poi quasi prigioniero di due care vecchiette che prendono a cuore la sua storia.
A me piace pensare qualcosa di ogni città. Le città mi piacciono più della natura, perché ci senti le vite della gente, storie dietro porte chiuse. La natura è fatta per le bestie. Le città sono per le persone. E così mi piacciono, le città, sono umane. Perfino questa schifa passeggiata che ha il ritmo di quando corro negli incubi, con l’incendio alle calcagna, perfino questa città piccola e grandiosetta, mi fa venire voglia di pensare.