“(…) non è arte, è una sommessa apocalisse
d’abisso formidabile
e vati oscuri.
In qualche modo
è tra i misteri più duri.”
Con questi versi, tratti dalla poesia che apre la raccolta “La voce delle cose”, Carla de Falco si presenta al lettore nella sua veste più artistica e intima: “ Nelle parti più remote del mondo /nelle pagine d’appendice / c’è un poeta triste”.
La poesia si veste dei suoi abiti più veri e ci racconta di lei, del suo compito e degli strumenti che utilizza. Un mondo di colori, odori, voci e fotografie, mantenuto sveglio dai giochi di ombre di ogni anima umana. La de Falco si fa quindi portavoce di una realtà per nulla passiva, che esprime se stessa giocando con i misteri, i sussulti e i simboli.
La raccolta si apre con l’ “Ouverture” nella quale l’autrice ci offre un “dono” disinteressato e non famelico di gradimento, ma memore di glorie poetiche passate, che si nutrono dell’eternità che hanno conquistato.
“e quando i poeti ancora avevano / la forza della tigre nell’atto della caccia / con il soffio della speranza tra le vele / abbagliavano di luce l’orizzonte. (…)”
In seguito si può trovare la sezione “Scorci”, veri e propri dipinti multisensoriali offerti a noi lettori per renderci accoglienti, aperti e sensibili alla “voce delle cose”; descrizioni di istanti simbolici talmente espressive da suscitare l’invidia di chi non presta attenzione, ad esempio nella poesia “Sipario”, simbolo del velo rosso del tramonto. Scorci sensoriali anche di atmosfere interiori, talvolta rabbiose talvolta serene, degne di essere dichiarate artisticamente vive e vicine.
La sezione “Tratti” appare più soggettiva. Un gruppo di poesie che l’autrice si impegna a rendere elegantemente umane, pulsanti e talvolta fragili; l’imperfezione della vita che ci è donata rende tutto uno stimolo per crescere, per andare avanti, per rischiare e per apprezzare ogni nostro respiro (nella poesia “un gambo di rosa” il lettore può trovare di fronte a tanta crudezza tematica e potenza espressiva, da condividere le emozioni dell’autrice come se l’avesse accanto).
Nella terza sezione, “Miti”, la de Falco gioca con simboli eterni ed evocatori di mondi lirici, utilizzando una maestria propria del suo stile; concetti personificati, muse ridestate e simboli quasi magici per rendere omaggio al potere della parola, che si fa creatrice ed esaltatrice di una forma d’arte che comunica e comunicherà in eterno.
Congedandomi con le parole della stessa Carla de Falco:
“ (…) di me posso solo confessare
che vivo un’affollata solitudine
sognando la formula o l’antidoto
per ingannare il tempo ed il suo pianto.”