Conobbi le sorelle Milder durante un soggiorno in un paesino inglese. Ero con mio marito e mio figlio. Doveva essere una gita di tre giorni in un posto tranquillo, prima di visitare la famosa e misteriosa Stonehenge.
Anne e Martha erano le proprietarie della locanda, un posto grazioso e pulito. Gli unici ospiti nel periodo dal 4 al 7 ottobre eravamo noi.
Tutte le mattine servivano una ricca colazione: la sala da pranzo si riempiva di uno squisito odore di toast e formaggio e la spremuta d’arancia era ottima. La notte si dormiva bene: totalmente immersi nella natura, a malapena udivamo le cicale e qualche altro animale notturno che viveva là fuori.
Eppure…
Eppure c’era un’atmosfera strana, come nascosta sotto una coperta leggerissima: qualcuno non dormiva. E non potevano essere né il mio Alfredo né mio marito.
La seconda notte mi alzai di soppiatto, aprii la porta della stanza – che cigolò, ma fu un rumore fastidioso più che sinistro – e mi lasciai come guidare dalla sensazione strana e un po’ dolorosa che mi spingeva al piano di sotto.
Le scale era come se bruciassero sotto i miei piedi nudi e di tanto in tanto volgevo il la testa alle mie spalle, nella camera dove la mia famiglia riposava, al sicuro dalla paura che lentamente mi assaliva.
La stanza delle due ragazze era illuminata: la porta socchiusa invitava nel corridoio un fascio di luce che mi permetteva di capire che non ero la sola, in quel posto, ad essere sveglia.
Non udivo nulla, lamenti o grida, qualunque cosa mi aspettassi dopo una sensazione strana come quella che mi aveva azzannato poco fa – il preludio di un mistero, del buio assoluto.
C’era…un’irreale calma, una bugiarda, colpevole quiete nel posto in cui mi trovavo. In quella stanza soprattutto: aprii la porta e davanti a me vidi Anne o Martha in piedi immobile. Aveva un vestito completamente bianco, che rendeva inesistenti i contorni del suo corpo. All’improvviso un odore dolce, dolce e pungente. Lei alzò la testa, lentamente ma con decisione: sapeva dove guardare. E guardava me.
Disse…