Leggendo il saggio della giornalista Hanna Rosin “La fine del maschio e l’ascesa delle donne” , nato prima come articolo per il giornale “The Atlantic” e trasformatosi poi in una poderosa inchiesta, la prima cosa che mi è venuta in mente è stata la favola che aveva per protagonisti una lepre e una tartaruga. In una gara, in cui non la velocità ma il taglio del traguardo era l’obbiettivo, la scarsa costanza e la troppa sicurezza di sé della lepre consentivano alla tartaruga, che ovviamente partiva svantaggiata, di arrivare prima.
Questa è solo una premessa che però non contiene in sé il senso intero dello studio. La donna (tartaruga) è al centro di un fenomeno di ascesa che la vede prevalere in numero tra i laureati, nelle posizioni prima occupate da uomini (lepre), e con salari in crescita vorticosa rispetto al passato. La favola non si attaglia del tutto poiché la donna non ha dalla sua unicamente una cocciuta costanza, ma una peculiarità che più delle altre la sta differenziando dall’uomo, la sta sostenendo e la sta facendo avanzare: la flessibilità. La donna di plastica, come la definisce la Rosin, è duttile, ed è riuscita nel corso del tempo ad adattarsi alla dimensione sociale e culturale del suo tempo, e lo ha fatto molto più dell’uomo di cartone, altra definizione dell’autrice, che, incapace di uscire dal ruolo atavico che la vecchia struttura della società gli aveva dato, resta intrappolato in un retaggio che rimanda ad un ruolo che non esiste più. L’uomo di cartone vuole essere, e sente di dover essere, capofamiglia, sostegno economico unico, o quantomeno preponderante, del suo nucleo familiare e tuttavia, in un momento storico che vede i settori maggiormente “testosteronici” in crisi, rifiuta di adattarsi alla nuova realtà. Un esempio può valere per tutti: la professione del farmacista, lungamente appannaggio maschile, vede affacciarsi orde di giovani laureate, e inoltre al momento le donne rappresentano il maggior numero di iscritte in tale facoltà. L’uomo invece non ha preso in considerazione, ovviamente ragionando in termini generali, l’idea di assumere ruoli quali il maestro, la babysitter, l’infermiera. Il sesso forte per eccellenza pare nel tempo aver puntato troppo su di una forza supposta, al più fisica, e non sulla capacità di adattamento, nel più comune senso evolutivo. Non è forse vero che a sopravvivere non è necessariamente l’animale più grande quanto quello che meglio sa adattarsi all’ambiente e piegarsi, al contempo piegando, le strutture date dalla realtà?
Nella moderna società valori come l’empatia, le capacità comunicative, l’ascolto, primeggiano rispetto alla capacità di trasportare da un punto A ad un punto B uno scatolone pesante da soli. Come dimostrano alcuni studi condotti nei cantieri ad esempio, anche sui luoghi di lavoro più maschili, si può pensare all’edilizia, l’uso di concetti come comunicazione e aiuto hanno diminuito di molto gli incidenti sul lavoro. Certo il quadro, positivo per le donne, meno per gli uomini, mostra come non sia tutto perfetto. Innanzitutto l’idea della parità, concetto lungamente difeso e poco accettato, dovrebbe lasciare spazio, almeno nelle relazioni affettive, al concetto esplicato dalla stessa Rosin di altalena, dove ambedue i partner, in momenti differenti della loro vita, possono prendere e dare in maniera differente all’interno della coppia. Né, ovviamente, c’è da augurarsi che vi sia un’egemonia femminile assoluta, ma sicuramente c’è da sperare invece che questa strada consenta una ridefinizione spontanea e volontaria dei ruoli.
Lo studio stesso, condotto in molti paesi, mostra come le differenze siano marcate, in Italia, potremmo aggiungere noi, ad esempio il numero dei femminicidi, a differenza che in altri paesi, resta in crescita. Che la chiave di questo fenomeno odioso risieda proprio nelle parole della Rosin? Che la nostra sia una società poco flessibile e incapace di adattarsi ai cambiamenti? C’è da chiederselo visto che, dati alla mano, nel libro la giornalista di origini israeliane, esplicita chiaramente che i Paesi nei quali le donne rivestono maggiori posizioni di potere sono paesi che godono di maggior “salute”. Forse l’Italia in crisi farebbe bene a porsi quesiti di questo genere.
In una società dove le donne mutano e non trovano uomini alla loro altezza, lo dice la Rosin, si sta consumando la fine del maschio. Speriamo sia la fine delle disuguaglianze di genere, non dei generi stessi, ma che sia la fine dei pregiudizi e dei ricatti sociali derivanti dal sesso. Che sia insomma l’ascesa di un mondo nuovo e la fine del vecchio.