Prima della sera del suicidio, la vidi arrivare tra la gente. Si sa, quando si è innamorati, le altre donne sono uguali. Avevo i biglietti nella tasca interna del giubbotto e qualche centesimo, giusto per un caffé.
– Allora?
– Mio padre è malato.
– Da quando?
– Un paio di settimane. Credevamo fosse un attacco cardiaco.
– E invece?
– Non si capisce. Metà corpo è paralizzato e una parte del volto irriconoscibile. Sta in clinica adesso. Prognosi riservata. Domani è il suo compleanno. Non posso partire.
– Niente Brasile quindi.
– Niente Brasile.
Credevo di partire subito dopo le votazioni. Le campagne elettorali nelle piazze di Napoli, gli scontri con gli attivisti di destra, gli esami all’università l’avevano indebolita. Sembrava tisica, il volto pallido come cera. Il corpo si reggeva ancora sulle gambe, ma gli occhi guardavano altrove. Presi una sigaretta ma non riuscivo a trovare l’accendino.
– Hai da accendere?
– Sì. Tu come stai?
– Io bene. La cosa più triste degli ultimi giorni è stata una nota negativa ad un alunno e qualche equivoco col padre agli incontri. Per il resto, i miei hanno firmato le pratiche del divorzio e l’amante di mia madre ha trovato una casa nuova. Non ricordo se è Aosta o ai confini della Svizzera. Che schifo, lì fa sempre freddo. Però mia sorella l’ha presa male.
– E tuo padre?
– Mio padre mi preoccupa. Ultimamente non fa altro che guardarsi la sua collezione di fucili da caccia. Li pulisce e li rimette al loro posto quasi tutti i giorni. C’è gente che la mattina fa colazione, lui riordina le confezioni di cartucce.
La vidi sorridere, come ispirata. Non una risata, ma un sorriso. Le parlai della passione smodata per la caccia di mio padre, delle catene di montaggio della Fiat, di mio zio in cassa integrazione, delle caldaie da sostituire nelle case di mezza Napoli perché altamente inquinanti e del voto alle comunali. Poi le diedi un bacio, perché la stavo annoiando. Le ciocche castane scivolavano sul suo volto come quelle arcate degli antichi palazzi.
– Beh, possiamo sempre inventarlo.
– Cosa?
– Il Brasile.
– Tu sei scemo.
– Tu sei meravigliosa, invece.
Cominciammo a ridere, a toccarci. Poi le diedi un secondo bacio, e quando stavamo per pagare il conto gliene diedi un terzo e un quarto. Pregavo che la sera arrivasse presto, volevo morire tra quelle anche. Presi dalla tasca i biglietti e glie li mostrai.
– Non riuscirai a convincermi. Lo sai.
– Sì lo so.
– Cosa ne farai adesso?
– Cercherò di venderli a un collega.
Tornai a casa. Vidi mio padre attraversare l’uscio dell’ingresso. La credenza rifletteva il suo volto smorto. Aveva trascorso una dura giornata.
– L’ho saputo.
– Anch’io.
– Non parlo del divorzio.
– Come l’hai saputo?
– Un amico. Lui e il padre della tua amica hanno lavorato in fabbrica con me. Credevo che lo sapessi.
– Certo che lo so. È l’amico tuo che non so.
– Comunque me l’ha detto quest’amico. Amico poi…
– Lo conosco?
– Certo che lo conosci, quello che si sta scopando tua madre e l’ha convinta a firmare le carte.
Si sa, il nostro Dio è davvero simpatico.
– L’amante di mamma lavorava con voi due?
– Il mondo è piccolo, ecco perché è pieno di sorprese. Sì, lavorava in fabbrica con noi, ma il vecchio non ha nessuna malattia.
– Hai la faccia di uno che sa le cose ma ha paura di dirmele.
Voleva ridere, poi si trattenne.
– Il padre della tua amica ha avuto due relazioni durante il matrimonio. La prima qualche anno fa, con una cameriera. Gran bel culo. La seconda con una scolaretta del quarto liceo.
– Va bene, ma cosa centra con quello che ha?
– Cianuro. Cianuro di potassio. La vecchia ha saputo del vizietto di suo marito con la piccolina e, in qualche modo, gli ha fatto ingoiare quella schifezza. Fine della storia. Ora non voglio fare il genio, ma fa strano pensare che una cinquantenne, che ha trascorso una vita intera in un appartamento a lavare, stirare e drogarsi di televisione e che vota PDL, sappia usare del cianuro. Poi ho pensato alla tua amica che studia chimica.
Si, la mia “amica” studiava chimica. Alti e bassi, ma una delle migliori del suo corso. Aveva mentito? Tentai di chiamarla tutto il giorno ma il telefono risultava sempre spento. Cominciai a tremare, a preoccuparmi. Corsi a casa sua nel tardo pomeriggio. Fuori il cancello principale, che dava al grande cortile, trovai tante persone a fumare, alcune delle quali parlavano a bassa voce appena si accorsero della mia presenza. Poi venni a sapere tutto: trovata in una vasca da bagno con le vene dei polsi tagliate. La madre le aveva raccontato di suo padre, poi hanno cominciato a pianificare come fargliela pagare. Per tutto questo tempo non sapevo delle sedute di sua madre presso un analista, di lei che ingoiava vitamine in polvere prima di vedermi e ansiolitici prima di fare sesso. La mattina dopo ritornai nel luogo della tragedia. Avevano lasciato il cancello aperto e la porta dell’appartamento socchiusa. Ci misi un bel po’ per convincere i parenti a farmi entrare e vedere il bagno, una vasca ancora piena d’acqua, coi bordi sporchi di sangue secco e con piccole macchie sul tappeto. Qualche giorno dopo arrestarono la madre, il padre andò in coma. Ho ancora in testa quelle ciocche di capelli che scivolarono a cascata sul suo viso, quella mattina fuori al bar. Scendevano come quelle arcate dei vecchi palazzi. Avevo deciso per quella sera, in cui si tolse la vita, di portarla da qualche parte, magari dopo aver fatto l’amore. Inventare il Brasile.
C’è chi firma per il divorzio e chi viene scortata con l’accusa di tentato omicidio. Poi qualcuno ha la brillante idea di mandare tutto a puttane e decide di farla finita con un coltellino a serramanico e un paio di vene tagliate in una vasca da bagno. Io, per non ammazzarmi, ho scelto di scrivere.