Accadde, in tre minuti, dentro la ululante topaia, come subito invece gli riuscì fatto al fuoco: che ne disprigionò fuori a un tratto tutte le donne che ci abitavano seminude nel ferragosto e la lor prole globale, fuor dal tanfo e dallo spavento repentino della casa, poi diversi maschi, poi alcune signore povere e al dir d’ognuno alquanto malandate in gamba, che apparvero ossute e bianche e spettinate, in sottane bianche di pizzo, anzi che nere e composte al solito verso la chiesa, poi alcuni signori un po’ rattoppati pure loro, poi Anancarsi Rotunno, il poeta italo-americano, poi la domestica del garibaldino agonizzante del quinto piano, poi l’Achille con la bambina e il pappagallo, poi il Balossi in mutande con in braccio la Carpioni, anzi mi sbaglio, la Maldifassi, che pareva che il diavolo fosse dietro a spennarla, da tanto che la strillava anche lei.
Comincia in questo modo il racconto di Gadda “L’incendio di via Keplero” uno dei diciannove scritti che, raggruppati nella raccolta “Accoppiamenti giudiziosi”, venne pubblicato nel 1963. L’ingegner Gadda amava testimoniare la realtà in maniera ossessiva: “singula enumerare omnia circumspicere” era la sua massima, presente in tutti i lavori. Evidentemente il feticista dell’ordine, credeva che riportando la realtà in tutti i suoi aspetti potesse riuscire a controllare il caos, o meglio a non restare ingarbugliato in quel brutto pasticciaccio (volendo citare lo stesso Gadda) che è la vita.
In questo racconto viene presentata al lettore la fuga di alcuni inquilini sorpresi da un improvviso incendio in uno stabile di Milano. Torna la città che aveva dato parecchi natali al Gadda, Milano, dalla quale poi era andato via per trasferirsi a Roma, capitale che sarebbe divenuta l’emblema dell’ordine per lo scrittore misogino e a tratti ipocondriaco. Umanità milanese colta nei suoi momenti di quotidianità quella che la penna ironica del padre de “La cognizione del dolore” illustra con sagace distacco; ma, la mole di note, sempre presenti nel registro stilistico del Gadda, a volte inopportuna, appesantisce il racconto allontanando il lettore dall’intento squisitamente satirico dello scrittore e dalla sua volontà di rappresentare la borghese vita milanese alle soglie del fascismo.
Gli effetti dell’incendio, lì per lì, furono terrificanti. Una bimba di tre anni, Flora Procopio di Giovan Battista, lasciata sola in casa con un pappagallo, dal seggiolone dove l’avevano issata e imprigionata chiamava disperatamente la mamma senza poterne scendere, e grosse lacrime come disperate perle le gocciavano e rotolavano giù, dopo le gote, per il bavaglino fradicio con su scritto «Buon Appetito», fin dentro la polta papposa d’un suo caffelatte dove a poco a poco ci aveva messo a bagno tutto un bastone di pan francese evidentemente mal cotto più alcuni biscotti di Novara o di Saronno che fossero, ma di tre anni loro pure, questo è certo. «Mamma, mamma!» urlava terrorizzata;
L’atteggiamento della bimba di fronte alle fiamme che divampano è solo una delle reazioni fotografate da Gadda: la particolarità di questa novella sta nel fatto che il lettore si trova di fronte ad una varietà stilistica e linguistica ( allo scrittore milanese è sempre piaciuto l’utilizzo di diverse forme dialettali all’interno del suo lavoro, indice così della veridicità delle sue storie) e ad un notevole spessore metaletterario del testo con alternanza di punti di vista e divagazioni, specie descrittive, che minano l’integrità semantica del testo. Gadda è un cronista romanzato, verrebbe da pensare: l’episodio dell’incendio, così come quello del delitto di via Merulana, senza fine, sono in effetti vicini alla realtà dal momento che Gadda si serve di fatti di cronaca vera poi da lui rimaneggiati al fine di farli diventare letteratura. L’incendio non è solo la testimonianza reale di uno scrittore ma anche la volontà del Gadda di mostrare con occhio cinico e satirico insieme la vita delle persone, in questo caso milanese, le angoscie e le paure, teatralizzando le prime e ridicolizzando le seconde, come solo lui, dalla mente ingegneristica e dalla penna sensibile, riesce a fare.